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Referendum, annessioni, stati-cuscinetto: il piano di Putin per fare a pezzi l’Ucraina

piano putin ucraina divisa in due
piano putin ucraina divisa in due
Il Sud del paese dovrà rientrare in uno spazio di influenza russa. Il primo passo saranno le consultazioni popolari programmate per metà maggio

Il Donbass non basterà. Il piano di Vladimir Putin per smembrare l’Ucraina non si fermerà all’annessione delle regioni separatiste di Donetsk. Ma prevede che il Sud del paese rientri «in uno spazio russo» a prescindere dalla formula utilizzata. Per creare uno o più stati-cuscinetto che proteggano la Russia dalla Nato. Il primo passo saranno i referendum che Mosca vuole far svolgere nelle sedicenti repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk mentre Cherson dichiarerà l’indipendenza dall’Ucraina. Poi toccherà alla costruzione di un’autorità nei territori attualmente occupati da Mosca. Con la prospettiva ultima di una Repubblica Popolare dell’Ucraina sotto il controllo, diretto o indiretto, della Russia.

Il voto di metà maggio

A parlare della volontà russa di tenere due referendum a Donetsk e Lugansk è stato nei giorni scorsi il media indipendente Meduza. Le fonti vicine a Putin citate hanno fornito anche una data approssimativa: tra il 14 e il 15 maggio dovrebbero tenersi le consultazioni. Che coinvolgerebbero anche Cherson, dove dal primo maggio la moneta ufficiale sarà il rublo. In quest’ultimo caso però non si voterà per l’annessione alla Russia ma per l’indipendenza dall’Ucraina. Secondo Meduza i referendum avrebbero dovuto tenersi alla fine di aprile, ma sono stati rimandati per la situazione militare. Dalle parti del Cremlino c’è però anche qualche resistenza, che nasce da preoccupazioni di natura economica. Alcuni funzionari pensano che annettere regioni povere comporterebbe un successivo sostegno che Mosca non può permettersi.

Ma che il piano della Russia preveda lo smembramento dell’Ucraina è indubbio. Si tratta dello “scenario coreano” di cui l’intelligence di Kiev parlava già a marzo. E che oggi viene apertamente e pubblicamente sostenuto da personalità vicine allo Zar. Come Dmitry Rodionov, direttore del centro di ricerche dell’Istituto dell’Innovazione, che dipende dal ministero della Difesa russo. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera Rodionov oggi dice apertamente che prendere il solo Donbass non basta più a Mosca: «Non si tratta più di impedire all’Ucraina di entrare nella Nato. Ma di creare una nuova nazione che ci protegga dalle manovre occidentali». Rodionov spiega che ci sono due diversi progetti: «Il primo, proposto dai politici della Crimea, riguarda la creazione di un governatorato della Tauride che comprenda la regione di Cherson, una parte della regione di Mykolaiv, fino a Zaporizhzhia. Sono territori ormai sotto il nostro controllo. Ovviamente verranno uniti alla Crimea e a Sebastopoli, che è una entità amministrativa separata».

I due progetti

Il secondo «è la nascita di un Distretto federale crimeano che ingloberebbe gli stessi territori. Oltre al Donbass in entrambi i casi, ovviamente». La differenza tra i due progetti è che nel primo caso l’amministrazione potrebbe essere guidata da un nuovo stato-cuscinetto formalmente indipendente con base in Crimea. Nel secondo caso si tratterebbe di una vera e propria annessione alla Russia. L’obiettivo finale, per Mosca, prevede anche la caduta dell’attuale regime di Kiev e la creazione di «una Ucraina federale, un’Unione di repubbliche popolari o magari una Repubblica ucraina dentro la Russia. Questo lo deve decidere in primo luogo la popolazione dei territori liberati. Quel che conta per noi è il Sud e la sua riunificazione in un unico complesso economico e sociale. Come, lo dirà il tempo».

Un piano confermato a grandi linee anche da Andrej Klimov, senatore del partito di Putin Russia Unita, in un colloquio con Repubblica: «In Ucraina c’è tanta gente stufa di questa guerra civile che cerca soluzioni per garantirsi una vita pacifica. Ma spetta a loro decidere come sistemare la loro vita. Noi rispetteremo la loro decisione». Klimov, che è autore della legge del 2001 che consente l’incorporazione di nuovi territori e la formazione di stati federali all’interno della Russia, sottolinea però che prima di tutto bisognerà ascoltare la volontà popolare: «Il primo passo? Deve tenersi un referendum». Ovvero proprio quello che è in arrivo a metà maggio.

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