Alessandro Orsini e la guerra in Ucraina: «Non è un esperto e non ha titoli per parlare del conflitto»

Il curriculum del professore ai raggi X e le opinioni dei colleghi: «Non ha pubblicazioni scientifiche sulla materia in cui si cimenta in tv»

A proposito di complessità, oggi Claudio Gatti su La Stampa parla di Alessandro Orsini. Il professore associato di sociologia generale all’Università Luiss di Roma, finito nelle polemiche prima per il suo contratto con la trasmissione Rai Cartabianca e poi per le dichiarazioni sulla felicità del nonno durante il fascismo e l’invasione della Polonia, è davvero un esperto della guerra in Ucraina? Secondo Francesco Ramella, collega all’università di Torino, non molto: «Dietro l’assertività di Orsini, nei Cv che ho potuto visionare online non trovo una singola pubblicazione scientifica sulla materia in cui si cimenta in Tv. Allora mi domando: lo si invita per l’originalità o la profondità del suo sapere scientifico, o perché sa creare un meccanismo morboso di attenzione mediatica?» osserva il sociologo, stigmatizzando «la commistione che avviene in alcuni talk-politici tra il ruolo dell’esperto e quello dell’opinion maker».


Gli studi e la produzione scientifica

L’articolo passa poi ad analizzare i contributi scientifici di Orsini per il Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss: nel suo curriculum c’è scritto che dal 2013 al 2016 è stato direttore del Centro per lo studio del terrorismo dell’Università di Roma Tor Vergata» e che dai primi del 2017 è direttore dell’Osservatorio per la sicurezza internazionale della Luiss. Ma non ci sono produzioni scientifiche da parte dei due centri. A Tor Vergata è andata in scena soltanto una conferenza stampa due mesi dopo la nomina. Ma la struttura «non ha mai fatto nulla», e tutto «è rimasto sulla carta» secondo Franco Salvatori, all’epoca direttore del Dipartimento di Tor Vergata a cui era affiliato il Centro di Orsini.


Anche dal dipartimento della Luiss hanno fatto sapere che il lavoro di Orsini «non è supervisionato da noi», mentre l’università il 30 aprile scorso ha fatto sapere che i canali di comunicazione dell’osservatorio non sono più attivi. In termini di metodologia sociologica Orsini ha offerto un modello di radicalizzazione dei terroristi delle Brigate Rosse chiamato Dria, acronimo di Disintegrazione, Ricostruzione, Integrazione, Alienazione. La cui applicazione a ogni tipo di terrorismo, come per esempio quello islamico, desta però qualche perplessità negli studiosi. «Ho l’impressione che, con il suo lavoro, Orsini voglia costruire delle tipologie e dinamiche generali. Per poi applicarle anche in contesti storici dove non funzionano», dice al quotidiano lo storico ed esperto di violenza religiosa della Northern Illinois University Brian Sandberg.

I giudizi dei colleghi

Orsini ha conseguito l’idoneità all’insegnamento di prima fascia nel luglio del 2020, ma in sociologia generale. È stato invece respinto nell’esame di abilitazione di sociologia politica per due volte. Il suo collega della Luiss, professor Raffaele De Mucci, ha scritto che nei suoi lavori, «contrariamente all’insegnamento di Weber, è la realtà che deve adattarsi al modello, non viceversa». Franco Pina, ordinario di Sociologia dell’Università di Torino, ha invece scritto che Orsini appare «più proteso a cercare conferme dei suoi schemi interpretativi che a mettere alla prova ipotesi teoriche definite sulla scorta della letteratura o di proprie elaborazioni».

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