Scontro sul salario minimo, il no di Brunetta: «Non è nella nostra tradizione»

Sul tema si è espresso anche il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, secondo il quale il salario minimo andrebbe «esteso e rafforzato attraverso la contrattazione»

Si accende in Italia il dibattito sul salario minimo, in attesa della direttiva in discussione nei palazzi europei e dopo giorni in cui si discute delle retribuzioni nel paese. E, dopo l’apertura del commissario Ue Gentiloni, arriva un chiaro e secco «no» dal ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. «Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazione industriali e non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività», ha dichiarato al Festival dell’Economia di Trento organizzato dalla Provincia Autonoma e dal Gruppo 24 Ore. Brunetta ha lasciato così intendere che il centrodestra è intenzionato a bloccare ulteriormente la riforma in commissione Lavoro al Senato, dove la proposta è approdata nel 2018. Il Commissario europeo per gli affari economici, Paolo Gentiloni, in una intervista alla Stampa aveva detto di vederlo come possibile soluzione all’aumento delle diseguaglianze e alla crescente perdita del potere d’acquisto degli stipendi italiani.


Salario minimo: una priorità per il M5s

Mentre l’Unione europea è sempre più vicina all’accordo sulla direttiva, proposta dalla Commissione europea nel 2020, che punta a istituire uno schema per fissare salari minimi adeguati ed equi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei Paesi, in Italia lo scontro continua a dominare il dibattito politico. Per il Movimento 5 Stelle il salario minimo è una priorità. «È una battaglia da completare subito», ha dichiarato nei giorni scorsi Giuseppe Conte, che ha aggiunto: «Dico alle altre forze politiche: avete delle osservazioni da fare, confrontiamoci. La legge si può approvare in poco tempo e farlo in questa legislatura sarebbe ideale». In caso contrario il Pd lo presenterà come sua proposta nel programma politico per le prossime elezioni, ha annunciato Enrico Letta che si è schierato anche contro gli stage e i tirocini gratuiti, «da abolire»: «Per noi la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c’è ovviamente l’impegno ad arrivare al salario minimo, come fanno in Germania e come fanno in Australia, paesi che sono simili al nostro e che hanno fatto una scelta che anche noi dovremmo fare». Più prudente il ministro dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti, il quale ha affermato ieri che «il salario minimo non deve essere un tabù ma bisogna vedere come viene fatto».


Cisl: «Parliamo di salario massimo, non minimo»

Sul tema si è espresso anche il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, secondo il quale il salario minimo andrebbe «esteso e rafforzato attraverso la contrattazione». A margine di un’iniziativa del Festival dell’Economia ha spiegato di essere però più interessato a parlare di «salario massimo che di salario minimo» perché c’è una grossa problematica di «pesantezza del carico fiscale sul lavoro e sulle imprese» in Italia. Secondo la Cisl è prioritario un intervento di riduzione dell’Irpef sui redditi da lavoro e pensione e di aumento del contrasto all’evasione fiscale. «Bisogna cominciare a tassare ulteriormente i redditi e i profitti delle grandi multinazionali del digitale, della logistica e dell’energia per recuperare risorsi da redistribuire alle fasce deboli», ha commentato Sbarra.

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