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Stop all’acqua anche di giorno: i piani per il razionamento nelle regioni e lo stato d’emergenza in arrivo

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Dodici città con il bollino rosso. I comuni cominciano a risparmiare le risorse idriche. Intanto il Nord è sempre più a secco

Lo stop all’acqua anche di giorno è in arrivo. Il rischio di razionamento diurno dell’acqua è concreto. Il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio lo ha detto ieri parlando del Dpcm sullo stato d’emergenza in arrivo. Mentre già oggi è allarme in 12 città: nel prossimi giorni saranno 19 su 27 quelle con il bollino rosso. Per questo i comuni già cominciano a risparmiare sulle risorse idriche. Mentre scatta anche l’allarme incendi: ieri a Roma ne sono esplosi due. Negli ultimi sei mesi, calcola Coldiretti, sono bruciati oltre 9 mila ettari. Intanto il Nord rimane senza acqua mentre scatta l’allarme agricoltura: Veneto e Lombardia rischiano di perdere l’80% delle colture. E l’Agenzia Spaziale Europea mostra il peggioramento del Po negli ultimi due anni.

La siccità e la Protezione Civile

Lo stato d’emergenza per la siccità dovrebbe arrivare entro due settimane, ha precisato Curcio. Il governo Draghi fornirà una cornice normativa per gli interventi più urgenti. Che non saranno giocoforza risolutivi. Ma il decreto ministeriale che Palazzo Chigi sta preparando in coordinamento con i ministeri competenti servirà anche ad evitare liti tra gli enti locali. Come quelle che si sono viste in questi giorni, quando la Val d’Aosta ha negato al Piemonte l’aiuto richiesto per non sospendere l’irrigazione nei campi. Per questo ieri il ministro delle Politiche Agricole e Forestali Stefano Patuanelli ha parlato di un tavolo di coordinamento per evitare una guerra dell’acqua: «Bisogna razionalizzare individuando le priorità».

Una fase che in parte è già partita: «In alcune zone esiste già razionamento e poi l’acqua dei cittadini dipende dai bacini. In alcuni casi già esiste, in altri casi si valuterà se questa misura sarà necessaria», ha ribadito ieri Curcio al Tg1. «Nulla è ancora stabilito perché deve essere ancora deciso l’impianto generale ma poi soprattutto vedere caso per caso, perché ogni acquedotto fa riferimento a un bacino e quindi bisognerà vedere caso per caso», ha concluso. Intanto le immagini raccontano tratti del Po ridotti a distese di sabbia e fontane chiuse a Milano. La Stampa racconta oggi che i tecnici comunali hanno cominciato a chiudere le principali fontane di Piazza San Babila, Piazza Fontana, Piazza Cadorna e a svuotare le vasche.

Il razionamento dell’acqua a Milano e gli incendi a Roma

«Per ottimizzare l’utilizzo della risorsa idrica – si legge in una nota del Comune – il provvedimento prevede che su tutto il territorio siano attuate alcune limitazioni». Tra queste: lo stop al lavaggio delle automobili, tranne negli impianti di autolavaggio, e all’annaffiatura di giardini e prati, con l’esclusione dell’irrigazione destinata a nuovi impianti di alberi, arbusti e opere pubbliche. «Sull’acqua credo che qualche piccolo razionamento sia già in essere. Una crisi idrica di questo tipo non si è mai verificata nella storia della Lombardia», ha detto il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana. A Roma invece una serie di incendi ha assediato la città e l’odore acre del fumo è arrivato fino al centro storico. Oltre duecento i vigili del fuoco al lavoro, con il sostegno di squadre arrivate anche da altre regioni.

Fiamme altissime sull’Aurelia con l’esplosione anche di alcune bombole di gpl. Paura anche a Casalotti, dove il fuoco ha minacciato un residence e un attico è stato seriamente danneggiato: scene di panico tra gli abitanti che hanno cercato di tenere lontane le fiamme gettando acqua dai balconi. «Ogni rogo costa agli italiani oltre diecimila euro all’ettaro, fra spese immediate per lo spegnimento e la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici, in un arco di tempo che raggiunge i 15 anni», ha spiegato ieri la Coldiretti. Costi che si aggiungono e aggravano la conta dei danni causati dalla siccità con la mancanza di precipitazioni che sono risultate in media addirittura dimezzate rispetto allo scorso anno.

Il disastro in Veneto e Lombardia

La siccità del Po, spiega oggi il Corriere della Sera, sta riportando effetti soprattutto nelle coltivazioni. Barbabietole, mais e semi di girasole non arrivano a maturazione per la mancanza di acqua o per il troppo calore. E la produzione agricola nazionale rischia un’impennata dei prezzi. In Veneto 136.000 ettari di terreno sono coltivati a soia, quasi la metà della produzione nazionale (pari a 285.000 ettari). Mentre 9.100 sono a barbabietola e 196.500 a mais, il 33 per cento, in entrambi i casi, della produzione italiana. In Emilia-Romagna sono coltivati a grano tenero 147.000 ettari. Poi c’è Veneto con 95.000). Il rischio concreto è che i danni della siccità sulle coltivazioni, da un lato, alleggeriscano in maniera massiccia i raccolti e dall’altro appesantiscano il carrello della spesa.

L’Esa e la secca del Po

L’Agenzia Spaziale Europea ha pubblicato su Twitter una serie di immagini satellitari su un tratto del fiume Po dalle parti di Piacenza. La prima foto, scattata nel giugno 2020, mostra il fiume come un’ampia fascia di acque torbide che con le sue anse attraversa una campagna verdeggiante. La seconda immagine, del giugno 2021, mostra già un cambiamento. Il fiume è più snello e segnato dalla comparsa di terreni sabbiosi. La terza e ultima foto, ripresa nei giorni scorsi, mostra invece ampie distese di sabbia lungo il fiume ormai irriconoscibile per la forte siccità causata da mesi di precipitazioni quasi del tutto assenti. Anche i colori della campagna appaiono stravolti per le difficoltà a irrigare i campi: una situazione ormai diffusa in tutta la Pianura Padana.

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