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Omicidio Willy, la madre dei Bianchi: «Sentenza a furor di popolo, non ce l’aspettavamo»

Fratelli Bianchi
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Dopo la condanna di due giorni fa anche il loro avvocato, Massimiliano Pica, parla di una «decisione mediatica»

I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, accusati dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, sono stati condannati all’ergastolo due giorni fa. Ma se gli amici di Willy hanno applaudito commossi alla lettura della sentenza, i familiari dei Bianchi non riescono a farsene una ragione. «È una sentenza ingiusta. Non ce l’aspettavamo. Sono stati condannati a furor di popolo», avrebbe commentato la loro madre, Simonetta Di Tullio, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera. La donna aveva già preso le difese dei suoi figli in passato: «Se hanno sbagliato è giusto che paghino, ma sono sicura che non sono stati loro a uccidere, una madre certe cose le sa». Anche il loro avvocato, Massimiliano Pica, parla di una «sentenza mediatica»: «C’è poco da essere soddisfatti di fronte a una tragedia così grande. Sono profondamente deluso. Per me questa non è giustizia. Anzi, è un aborto giuridico». Pica sostiene che non sia possibile «infliggere due ergastoli di fronte a una ricostruzione fumosa e, a tratti, contraddittoria».

La lettera di Marco Bianchi dal carcere

Gli stessi Bianchi, pochi giorni prima della sentenza, si erano ribellati alla narrazione dei media. «Io e Gabriele siamo ragazzi di cuore, sinceri», ha scritto in una lettera Marco Bianchi, che, assieme al fratello, secondo i giudici nel 2020 ha ucciso di botte il ventenne Willy mentre usciva da un locale di Colleferro insieme ai suoi amici. «Tutte quelle cattiverie che hanno detto contro di noi non sono vere, sono state solo bugie su bugie per farci toccare il fondo», ha continuato Marco nel messaggio inviato dal carcere di Viterbo all’Adnkronos. ««Ho toccato il fondo. Ecco la vostra soddisfazione. È una cosa che non auguro a nessuno, la sensazione di essere da soli, al buio. Sono andato giù, ma oggi ho deciso di rialzarmi e combattere per la verità e per la vita», aveva concluso.

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