Draghi: «Con gli ultimatum non si lavora. Ci sono convergenze col documento di Conte. No a un altro mio governo»

Il premier, dopo l’incontro coi sindacati, apre anche sul salario minimo. «Dobbiamo tutelare redditi e pensioni»

Una conferenza stampa con diverse aperture di merito alle richieste dei sindacati e del Movimento Cinque Stelle, quella tenuta dal presidente del Consiglio Mario Draghi dopo l’incontro di questa mattina con i confederali. Il premier ha detto subito che l’attuale fase dovrà prevedere riforme strutturali: «Nei mesi scorsi ho auspicato che potesse esserci un nuovo patto sociale per gestire la fase che stiamo affrontando, con lo scopo di continuare la crescita e tutelare il potere d’acquisto di lavoratori, pensionati e famiglie. L’economia italiana continua a crescere ma le previsioni sono piene di rischi, primo fra tutti l’aumento del costo della vita. Al momento stiamo andando meglio delle attese, ma l’inflazione erode il potere d’acquisto ed aumenta i costi delle imprese, specie nel manifatturiero». Dunque, aggiunge il premier, «dall’idea di difendere pensioni e salari nasce l’incontro di questa mattina. Prevediamo riunioni su una serie di temi, energia, Pnrr, e poi la legge di Bilancio, ma anche un tavolo sul precariato alla luce dei dati emersi in questi ultimi giorni». L’intervento riguarderà anche il salario minimo, aggiunge Draghi: «Un’altra questione è stata quella di approntare un salario che valga per coloro che non sono coperti dai contratti collettivi e che vivono quindi una situazione di grande precarietà».


A proposito dei nove punti proposti dall’ex premier Giuseppe Conte, Draghi si è detto disponibile: «Nella lettera di Conte – dice apertamente – ho trovato molti punti di convergenza con il nostro programma e con le questioni discusse oggi con i sindacati. Anche il ministro Orlando ha verificato che c’è una convergenza coi confederali, vista l’esigenza di occuparsi del lavoro povero. Bene che questo coincida anche con l’agenda di Conte». Il premier sembra voler tagliar corto anche sulle fibrillazioni di questi giorni: «Il governo sotto ultimatum non ha senso. Il governo ora riesce a lavorare, se non riuscisse a lavorare perderebbe il suo senso di esistere e quindi non continuerebbe. Ma come ho già detto non esiste né un governo senza M5s, né un altro governo di Draghi. Il resto chiedetelo a Mattarella è lui che decide il rinvio alle Camere». Anche con chi gli chiede se è preoccupato dal voto in autunno il premier taglia corto: «Il mio non sarebbe un giudizio oggettivo, sono una parte in causa».


Sul merito però l’apertura c’è e forse l’ulteriore segnale sta nel fatto che, sebbene fosse presente anche Giancarlo Giorgetti, è stato il titolare del dicastero del Lavoro Andrea Orlando, tra i più attenti alle richieste grilline, l’unico a prendere la parola dopo il premier: «Stiamo cercando di mettere insieme il valore della contrattazione collettiva nel nostro paese con le esigenze di chi non è protetto da questi contratti. L’ipotesi a cui stiamo lavorando riguarda la possibilità di usare i contratti di categoria maggiormente rappresentativi per stabilire i minimi salariali. Questo non escluderebbe la possibilità che ci siano contratti ancora bassi, ma rafforzerebbe coloro che si trovano sotto questi minimi». Ora bisognerà vedere se l’impegno preso oggi basterà a Conte e i suoi.

Leggi anche: