West Nile virus: perché non c’è ragione di cadere nel panico anche se raddoppiano i casi in Italia

Come si trasmette e come si previene la febbre del Nilo Occidentale? E cosa succede agli infetti? Le domande e le risposte sulla febbre del Nilo

Secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss) i casi di West Nile virus in Italia «sono più che raddoppiati nell’ultima settimana». Da giugno sono stati contati a 94, di cui 55 nella forma neuro-invasiva. Si contano anche 7 decessi. Il primo caso è stato registrato a Padova all’inizio dell’estate. «Dall’ultimo bollettino emesso oggi emerge – riporta l’Ansa -, che sono stati 19 i casi identificati in donatori di sangue […], 19 casi di febbre […] e un caso sintomatico. Il precedente bollettino (emesso lo scorso 26 luglio) riportava 42 casi casi confermati di infezione nell’uomo». Al momento il virus ha messo sotto pressione soprattutto le strutture ospedaliere del padovano, con 12 pazienti ricoverati tra i 30 e 80 anni. Oltre al Veneto troviamo casi anche in l’Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Lombardia. Non è solo un problema italiano. Secondo l’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control) i dati aggiornati al 27 luglio parlano di 12 casi in Grecia, 16 in Serbia e 1 in Slovacchia. Ma queste informazioni, senza contestualizzare età, le condizioni di salute iniziali dei pazienti e le modalità di contagio, potrebbero portarci a esagerare la reale entità della situazione a livello nazionale.


Non si trasmette da persona a persona

La malattia associata al virus è la febbre West Nile (febbre del Nilo Occidentale). Il West Nile Virus è stato isolato per la prima volta in Uganda nel 1937 nell’omonimo distretto di West Nile. Parliamo di un virus a RNA della famiglia dei Flaviviridae, come i ben più preoccupanti virus Zika, Dengue e della Febbre gialla. Da allora è presente, oltre che in Africa, anche in Asia occidentale, Europa, Australia e America. L’ospite serbatoio (ovvero le specie nelle quali il virus può replicare facilmente e trasferirsi poi ad altre) sono alcune specie di uccelli. Le zanzare sono l’ospite intermedio (lo prendono dagli uccelli e fanno da vettore verso l’uomo). Non tutte le zanzare sono vettori del virus: si parla per esempio quelle del tipo Culex; mentre le famigerate zanzare tigre sono tra quelle che non lo trasmettono. Sono stati documentati dei rari casi indiretti di trasmissione uomo-uomo: mediante trapianti di organo; trasfusioni di sangue; trasmissione dalla madre al feto. Invece il contagio diretto uomo-uomo (tramite un normale contatto, come nel caso della Covid-19), non è mai emerso. Come è tipico nelle zoonosi, possono essere infettati anche altri mammiferi, per es. gli equini o più raramente cani e conigli.


Generalmente gli infetti non corrono pericolo

A seguito della puntura di una zanzara infetta il periodo di incubazione della malattia può variare dai due ai 14 giorni, arrivando anche a 21 nelle persone immunodepresse. Non esistono terapie o vaccini specifici, anche se generalmente si rimane asintomatici. Il 20% dei sintomatici ha sintomi leggeri come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Gli anziani o con patologie pregresse sintomatici possono rientrare in quel 1% di casi gravi, che possono avere convulsioni, paralisi e persino entrare in coma. In un caso su mille si può avere anche una forma di encefalite. Anche se non siamo di fronte a una minaccia paragonabile alla Covid-19, è doveroso prestare attenzione ai più fragili, in primis anziani e bambini molto piccoli. In generale esistono degli accorgimenti banalissimi, che possono levarci ogni pensiero e riguardano quelli già noti per proteggerci dalle punture delle zanzare, come l’uso di appositi repellenti e zanzariere.

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