Cosa succede tra Renzi e Calenda, l’ipotesi di accordo e l’idea di una donna leader: in pole Carfagna e Bonetti

Il piano A dell’alleanza per il Terzo Polo. E il piano B della corsa solitaria. Mentre la questione delle firme potrebbe sparigliare

L’accordo tra Matteo Renzi e Carlo Calenda per il Terzo Polo è a un passo dal sì. Oggi i due leader di Azione e Italia Viva si incontreranno. Per parlare di alcuni nodi da sciogliere. Come la questione del numero delle liste e la spartizione dei posti nei collegi uninominali e plurinominali. Mentre è sul tavolo anche la questione del front runner dell’alleanza (che prevede anche Pizzarotti). Dopo le offerte del senatore di Firenze all’ex ministro dello Sviluppo, si va verso una leadership femminile. E forse persino duale. Le due candidate a correre sono due ministre del governo Draghi. Ovvero l’ex Forza Italia Mara Carfagna e la responsabile delle pari opportunità Elena Bonetti. Ma Calenda non ha abbandonato l’ipotesi di correre da solo.


Il piano A, il piano B

Dall’inizio. Un retroscena di Repubblica oggi spiega che Renzi ha previsto un piano A e un piano B. Il piano B è quello della corsa solitaria. In questo caso quello di Italia Viva sarà affiancato da altri quattro simboli. Ovvero la Lista Civica Nazionale di Federico Pizzarotti, i Moderati di Portas, il Pri (il cui storico segretario Giorgio La Malfa però vuole allearsi con il centrosinistra) e il Mezzogiorno federato di Claudio Signorile. Con l’appoggio della Fondazione Einaudi. Si tratterebbe ovviamente di una soluzione tampone. Che però il leader di Iv ha voluto costituire se non altro per prudenza. Visto che in molti tra i suoi lo avvertono di stare attento a Calenda. Che potrebbe fare con lui lo stesso gioco fatto con Letta.


Il piano A è ovviamente il Terzo Polo con il suo ex ministro dello Sviluppo. In questo caso scenderebbero in campo le due candidate. Ovvero Carfagna e Bonetti. Anche se la prima ha ribadito ieri che Azione un leader ce l’ha già. E in ballo c’è anche la questione Draghi. Il Terzo Polo vuole fare campagna elettorale sul suo nome. Anche perché la fiducia degli italiani nel presidente del Consiglio è addirittura aumentata dopo la crisi del suo governo. Ma l’ex presidente della Bce non sembra interessato. O meglio, non ha intenzione di far spendere il suo nome a chi vuole fare campagna elettorale su di lui. Eppure, spiegano da Iv, se l’intento del Terzo Polo – rosicchiare voti al centrodestra – riesce allora l’obiettivo è quello del pareggio elettorale.

Il lodo Cassese

In quel caso il nome di Draghi tornerebbe in auge per Palazzo Chigi. Ma l’ipotesi sembra sviluppare molte ironie. Soprattutto al Nazareno. Dove si fa notare che «al massimo Renzi e Calenda insieme fanno ‘agenda Cingolani’ che non a caso piace a Salvini». Secondo i Dem «è interessante come i due leader più impopolari d’Italia cerchino la luce riflessa di uno come Draghi che è ai loro antipodi per serietà e rispetto della parola data». Secondo il Corriere della Sera invece la trattativa si è arenata sui posti in lista. Che verrebbero ripartiti così: 60% ad Azione, 40% a Italia Viva. Dentro Azione c’è chi ritiene che la strada dell’alleanza sia obbligata. Così come quella del listone comune. Perché la soglia del 10% delle liste collegate potrebbe diventare troppo ampia. Soprattutto dopo gli ultimi sondaggi.

Poi c’è il problema delle firme. Ieri Calenda ha schierato il professor Sabino Cassese. Il giudice emerito della Corte Costituzionale ha rilasciato un parere in cui dice che Azione non ha bisogno della raccolta firme perché alle Europee il Pd si è presentato con il contrassegno Siamo Europei nel simbolo. Che si riferiva proprio a lui, è l’interpretazione. Ora, a parte l’ironia della sorte che vedrebbe il Pd utilizzato per far correre Calenda alle elezioni dopo il posto all’Europarlamento e il rifiuto dell’alleanza con Letta, va detto che all’epoca lo stesso Calenda era un iscritto al Pd e il deposito del simbolo venne effettuato dal partito. E non da due soggetti.

Firme, firme delle mie brame

A giudicare sulla questione sarebbero in ogni caso gli uffici centrali circoscrizionali (per la Camera) e gli uffici elettorali regionali (per il Senato). Proprio per questo sarebbe troppo rischioso fare affidamento solo sui pareri. «Stiamo discutendo con Matteo Renzi per capire se c’è una convergenza: Iv e Azione sono due forze politiche che devono cercare di trovare a tutti i costi un accordo», ha detto ieri sera proprio Calenda. E in quell’«a tutti i costi» c’è tutta la questione.

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