Roma, la storia della Sfattoria degli Ultimi. Gli animali conservati nella struttura dovranno essere abbattuti con l’elettroshock per la peste suina

L’Asl 1 di Roma ha ordinato l’abbattimento degli animali. I suini presenti non sono contagiati ma si trovano comunque in zona rossa

I 140 maiali e i cinghiali ospiti della Sfattoria, il santuario nei pressi di Roma che si occupa di salvare gli animali maltrattati o recuperati nelle zone urbane della capitale, saranno abbattuti con l’elettroshock. Lo ha comunicato il commissario straordinario per la peste suina Angelo Ferrari. Il Tar del Lazio ha rigettato la richiesta di non procedere presentata dall’associazione, che pochi giorni fa si era vista notificare l’ordinanza di abbattimento dei suini (non contagiati dalla peste suina, ma in zona rossa) dall’Asl 1 di Roma. La decisione sarebbe motivata da diversi fattori di problematicità, tra cui «la carenza e inadeguatezza delle misure di biosicurezza» della Sfattoria. La nota del commissario Ferrari, riprendendo quanto accertato dall’Asl Roma 1, sottolinea non solo «che gli animali sarebbero senza tracciabilità e certificazioni di provenienza e che i cinghiali rientrando nella fauna selvatica indisponibile non possono essere detenuti», ma anche che «le strutture che ospitano gli animali risultano essere oggetto di provvedimento di sgombero in quanto sarebbero state occupate abusivamente». Una serie di condizioni di illegalità che, secondo il commissario, rendono appunto inevitabile l’abbattimento.


La difesa della Sfattoria

Dalla Sfattoria, invece, sostengono che «tutti i nostri animali sono tutti controllati, microchippati, assolutamente sani e iscritti in banca dati nazionale come Pet. Non possono abbatterli». In una nota, l’associazione parla di un «incredibile episodio di malagiustizia» e di un «vero e proprio sterminio». «I diritti degli animali sono tutelati dalla nostra Costituzione ma non dal giudice. Il Tar del Lazio condanna infatti a morte, senza alcuna motivazione, circa 140 capi di suini raccolti, accuditi e tenuti in custodia, nonché assolutamente sani ed inoffensivi, da un gruppo di 200 volontari presso una struttura regolarmente registrata nella Banca Dati Nazionale del Ministero della Salute», continua il documento, che invoca l’intervento in extremis del Consiglio di Stato con un nuovo ricorso.


L’intervento delle associazioni

La Sfattoria ha ricevuto moltissime manifestazioni di solidarietà da parte dei cittadini come il sostegno delle principali associazioni animaliste. «Il giudice monocratico non ha preso in esame le ragioni avanzate dai titolari e dalle associazioni animaliste intervenute ad adiuvandum, ma ha respinto l’istanza non ravvisando, allo stato degli atti, un caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale», hanno scritto in una nota Enpa, Leidaa, Lndc e Oipa. «La motivazione addotta per respingere l’istanza è a dir poco sorprendente: non c’è urgenza quand’è in ballo la vita di 140 animali? L’urgenza c’è e ci sono le motivazioni per annullare il provvedimento che dispone gli abbattimenti. Solo che queste ragioni devono essere esaminate: è quanto chiederemo nel nuovo ricorso. Nel frattempo, cioè finché non si entrerà nel merito, diffidiamo l’Asl Roma 1 dal procedere agli abbattimenti».

Sulla questione è intervenuto anche il Codacons che accusa l’amministrazione pubblica di una «decisione abnorme»: «Nella vicenda della Sfattoria si manifesta in tutta la sua evidenza l’incapacità della pubblica amministrazione, che non sapendo gestire l’attuale situazione sanitaria relativa alla peste suina opta per l’abbattimento indiscriminato di tutti gli animali», ha spiegato il presidente Carlo Rienzi. Che ha aggiunto: «Se davvero maiali e cinghiali ospitati presso la struttura sono controllati, registrati e perfettamente sani, vanno salvaguardati e non è possibile adottare i criteri della zona rossa. Invitiamo pertanto l’associazione a proseguire la sua battaglia dinanzi al Consiglio di Stato e a dimostrare in tale sede le condizioni degli animali e l’assenza di pericoli sul fronte della salute pubblica».

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