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Come funziona il «modello Marche» di cui parla Chiara Ferragni e cosa c’entra il diritto all’aborto

24 Agosto 2022 - 15:00 Ygnazia Cigna
«Pillole abortive, suicidio assistito, Lgbt: i diritti sempre più a rischio nelle Marche», rincara il Pd. Ma FdI replica

Dopo la storia su Instagram di Chiara Ferragni, in cui ha preso posizione sul tema dell’aborto nelle Marche attaccando Giorgia Meloni, è tornata alla ribalta la discussione sulla situazione dei diritti civili nella regione in questione. Nelle Marche, infatti, è stato denunciato in più occasioni un numero elevato di medici obiettori. Nel 2021 la Giunta regionale ha, poi, rifiutato di recepire le direttive nazionali del 2020 sulla pillola abortiva nei consultori giustificando la scelta perché nella regione ci sarebbe un basso tasso di natalità. «Questa regione, che Meloni indica come modello per il Paese, è un laboratorio dei diritti negati, proprio come il Texas e l’Ungheria di Orban», ha commentato in una nota il deputato dem Alberto Losacco, Commissario regionale del Pd. L’articolo condiviso dall’influencer scriveva: «FdI ha reso praticamente impossibile abortire nelle Marche che governa. Una politica che rischia di diventare nazionale se la destra vince le elezioni». E Ferragni ha poi commentato con «Ora è il nostro tempo di agire e far si che queste cose non accadano». La politica Lia Quartapelle (sempre Pd) ha commentato sui suoi social la vicenda: «È peggio di come dice Chiara Ferragni. Nelle Marche il 71% medici è obiettore. E in Abruzzo, FdI ha presentato una legge per fare il cimitero dei feti senza consenso dei genitori».

Partita persa in partenza per la sinistra?

Ieri, 23 agosto, Giorgia Meloni ha scelto proprio Ancona come palco per dare il via alla campagna elettorale del suo partito. Fratelli d’Italia parla infatti della regione come «modello Marche». C’è chi a sinistra fa anche mea culpa del perché, dopo anni di governo quasi incontrastato, la regione è passata a destra: «Dal 2008 non abbiamo saputo intercettare i bisogni delle persone. Queste zone sono state desertificate, tante aziende hanno chiuso, altre hanno delocalizzato. Chi dei nostri era sul territorio, non ha saputo dare risposte», ha commentato Laura Boldrini. «La partita non è ancora persa», spera Boldrini. Linea ottimista appoggiata anche dal sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (Pd), che ha dichiarato: «La destra ha sfruttato la propaganda sul tema della sanità e della ricostruzione post-terremoto, ma dopo due anni i nodi cominciano a venire al pettine».

La replica di Fratelli d’Italia

Fratelli d’Italia, però, replica alle accuse sui diritti negati nelle Marche. Isabella Rauti, responsabile del dipartimento famiglia di FdI, ed Eugenia Roccella, candidata nelle liste di Meloni, attaccano le affermazioni riportate da alcuni giornali e dell’influencer: «Se vogliono occuparsi seriamente dell’aborto nella regione Marche, dovrebbero informarsi sulla base dei dati e consultare le relazioni annuali al Parlamento sulla legge 194». E spiegano: «Leggendo l’ultima firmata dal ministro Speranza si evince che nelle Marche l’offerta del cosiddetto servizio di Ivg è di gran lunga superiore a quella nazionale: le interruzioni volontarie di gravidanza, possono essere effettuate nel 92,9% delle strutture sanitarie mentre la media italiana è del 62%». Inoltre, ci tengono a sottolineare che l’obiezione di coscienza non sarebbe un «ostacolo». Per quanto riguarda, invece, la pillola abortiva, secondo FdI così si tutela maggiormente la salute delle donne: «La Ru486 è un aborto più economico per il servizio sanitario ma più pericoloso per la salute delle donne, considerati i numerosi effetti collaterali e una mortalità più alta, come emerge dalla letteratura scientifica in materia».

Gli altri diritti al centro dello scontro

Oltre all’aborto, lo scontro sui diritti nelle Marche riguarda anche il suicidio assistito, pratica riconosciuta nel 2019 dalla cosiddetta sentenza Cappato della Corte costituzionale. Ben tre pazienti si sono dovuti scontrare con il comitato etico della Regione, tra cui il noto Federico Carboni (conosciuto alle cronache con “Mario“), per la somministrazione del farmaco e – l’ultima in ordine di tempo – di Antonio. A sentirsi poco tutelata è anche la comunità Lgbtqia+. La Regione non ha infatti autorizzato il patrocinio per la manifestazione del Pride perché considerato un «evento politico».

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