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Montagnier e lo studio ritrattato sui «prioni killer» dei vaccini

08 Settembre 2022 - 07:16 Juanne Pili
No, nessuna ricerca ha dimostrato che i vaccini causino rare malattie neurodegenerative

Secondo un recente articolo di Gospa News, già nota per la diffusione di precedenti contenuti apprezzati nei gruppi No vax (ne abbiamo parlato qui, qui e qui), uno studio di Luc Montagnier e Jean-Claude Perez dimostrerebbe la presenza di «prioni killer» nella Spike, prodotta attraverso i vaccini contro il nuovo Coronavirus, che porterebbero a eventi avversi mortali. Non si tratta di un concetto nuovo, il Nobel francese ne aveva parlato già in una intervista nel 2021, sostenendo che i vaccini fossero collegati a malattie neurodegenerative (ne avevamo parlato qui). Anche Perez è una vecchia conoscenza, è lui lo «scienziato» citato da Montagnier che avrebbe scoperto sequenze di HIV nel SARS-CoV-2, una tesi priva di fondamento.

Per chi ha fretta:

  • La ricerca è stata precedentemente ritrattata in fase di peer review da ResearchGate.
  • La presenza di porzioni prioniche nella Spike di SARS-CoV-2 non è mai stata dimostrata sperimentalmente.
  • Non esiste un collegamento causale tra vaccini a mRNA e malattie da prioni come la Creutzfeldt-Jakob.
  • I casi riportati dagli autori dello studio rientrano nella normale casistica e si sono visti cali proprio in concomitanza con la pandemia e con le campagne vaccinali.
  • Il paper non presenta gruppi di controllo, né accertamenti clinici dei casi in oggetto.

Analisi

Esaminando il testo del paper in oggetto notiamo subito due particolari interessanti. Innanzitutto, il preprint non è di prima pubblicazione; come riportano dagli autori è stato precedentemente «ritirato dopo 132 000 letture su RESEARCHGATE». Siamo riusciti a recuperare la copia cache della prima apparizione, che non risulta altrimenti accessibile online. Il secondo particolare è che il documento viene comunque accettato per una nuova pubblicazione, da un “editore” a noi già noto, ovvero Zenodo, la stessa piattaforma che ha ospitato lo Yan Report, ovvero un documento pseudoscientifico che pretende di dimostrare l’ingegnerizzazione del SARS-CoV-2 nel laboratorio di Wuhan. Leggiamo ora alcuni passaggi dell’abstract:

Evidenziamo la presenza di una regione Prionica nelle diverse proteine ​​Spike del virus SARS-CoV2 originale così come di tutte le sue successive varianti ma anche di tutti i “vaccini” costruiti su questa stessa sequenza dello Spike SARS-CoV2 di Wuhan. Paradossalmente, con una densità di mutazioni 8 volte maggiore di quella del resto dello spike, la possibile dannosità di questa regione Prionica scompare completamente nella variante Omicron.

Vediamo subito che qualcosa non va. Non esistono infatti rilevanti studi funzionali che supportino la presenza di porzioni prioniche nella Spike di SARS-CoV-2. Esistono solo alcuni lavori che suggeriscono la presenza di domini «prion-like», ma lo fanno bio-informaticamente. Si tratta insomma di analisi che lasciano il tempo che trovano, del tutto prive di conferme sperimentali.

Lo spauracchio delle malattie neurodegenerative

Non è la prima volta che i vaccini vengono associati a «prion diseases» o altre malattie neurodegenerative, quali l’Alzheimer e la SLA. Potete approfondire leggendo l’analisi dei colleghi di Politifact. Il primo a sostenere questa tesi è stato l’attivista No vax John Barthelow Classen in uno studio apparso su Microbiology & Infectious Diseases,rivista appartenente a una casa editrice potenzialmente predatoria, secondo la blacklist di Jeffrey Beall. Classen associa i vaccini ai prioni, ovvero proteine prioniche di forma anomala presenti nei neuroni. L’mRNA dei vaccini di nuova generazione esprimerebbe dunque dei prioni in grado di causare malattie neurodegenerative; nella narrazione in oggetto i prioni sarebbero contenuti in una regione della Spike prodotta attraverso la vaccinazione. A questo punto è banale precisare che non sono stati mai accertati legami tra vaccini e Alzheimer, SLA o malattie da prioni.

Cosa sono i prioni e la malattia di Creutzfeldt-Jakob

Il dottor Leonardo Biscetti, medico specializzato in neurologia a Perugia, in servizio presso l’Istituto Nazionale di Ricovero e Cura dell’Anziano di Ancona, spiega a Open perché non ha senso collegare i prioni coi vaccini a mRNA. «I prioni sono proteine infettive – continua Biscetti -, quindi potenzialmente trasmissibili da un soggetto all’altro, non per via aerea ma attraverso i tessuti». È interessante vedere come gli autori pensano di aver trovato una correlazione tra vaccini e la malattia da prioni di Creutzfeldt-Jakob (CJD):

Per riassumere, dei 26 casi analizzati – spiegano i ricercatori -, i primi sintomi di CJD sono comparsi in media 11,38 giorni dopo l’iniezione del “vaccino” COVID-19. Di questi 26 casi, 20 erano morti al momento della stesura di questo articolo mentre 6 erano ancora vivi. I 20 decessi si sono verificati solo 4,76 mesi dopo l’iniezione. Tra questi, 8 di loro portano a una morte improvvisa (2,5 mesi). Tutto ciò conferma la natura radicalmente diversa di questa nuova forma di CJD, mentre la forma classica richiede diversi decenni.

«Quello è stato un caso particolare, ma la maggior parte delle malattie da prioni sono idiopatiche – spiega l’esperto -, ovvero non se ne conosce la causa. Nel cervello del paziente si vanno ad accumulare queste proteine che vanno a danneggiare i tessuti cerebrali». Dunque, compaiono queste proteine che hanno una forma particolare, in grado di fare danni. Ma nella forma normale a cosa servono? «Non lo sappiamo con chiarezza – continua il medico -, tutti noi abbiamo la proteina prionica nei neuroni. Forse hanno un ruolo nella trasmissione sinaptica. In medicina sono molte più le cose che non conosciamo di quelle che sappiamo».

I casi di CJD prima e durante la Covid e i vaccini

La CJD è una malattia rara, ma non rarissima. «È relativamente frequente – continua Biscetti -, ha una incidenza di un caso ogni 100 mila abitanti per anno. Di questa malattia esiste una maggioranza di casi sporadici, quindi non trasmessi dai genitori ai figli; in buona parte idiopatici. Poi abbiamo una minoranza di casi iatrogeni, ovvero legati a trapianti di tessuti malati, lo si è visto per esempio in quelli di cornea. Un’altra variante, che ha fatto scalpore negli anni ’90, è l’encefalopatia spongiforme bovina, meglio nota come morbo della mucca pazza. Una persona affetta da Creutzfeldt-Jakob ha nell’arco di settimane/mesi perdita di capacità cognitive e motoria; entra quindi in stato vegetativo e muore. Al momento non esiste cura». Tra i 26 casi esaminati loro ne trattano uno in particolare che sembra mostrare, secondo la loro narrazione, una nuova forma di CJD associata ai vaccini. «Gli autori parlano di un caso avvenuto due settimane dopo il vaccino. Per nessun caso al mondo è stato spiegato un meccanismo prionico così rapido».

Gli autori partono da 50 casi in Francia e in Europa, di questi ne esaminano 26, senza trovare niente che spieghi un collegamento causale. Se diamo un’occhiata alle tabelle riguardanti l’incidenza della Creutzfeldt-Jakob in tutti i paesi del mondo, dal 1993 al 2020, vediamo che Montagnier e Perez non scoprono un rilevante aumento di casi rispetto a quelli che ci aspetteremmo. Si potrebbe sostenere che invece ci sono stati picchi anomali proprio nel 2021, ma vediamo che per esempio negli Stati Uniti c’è stato un calo di casi tra il 2019 e il 2020, dopo un periodo di risalita tra il 2018 e il 2019. In Australia durante le vaccinazioni del 2021 si vede ugualmente un calo. Dunque, se il problema è la Spike, non vediamo correlazioni significative con la malattia da prioni, né per via della Covid-19, né a causa dei vaccini a mRNA.

Conclusioni

È plausibile che il preprint originale sia stato rimosso da ResearchGate, perché i revisori in fase di peer review – dopo 132 mila visualizzazioni (Sic!) -, si sarebbero resi conto che i ricercatori, nel modo in cui hanno lavorato, in nessun modo avrebbero potuto dimostrare una correlazione causale tra i vaccini a mRNA e la CJD. Del resto lo studio non presenta un gruppo di controllo, non c’è una conferma autoptica dei casi, né si possono escludere le cause genetiche o acquisite.

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