Bonus, accise, pensioni, contratti: perché il nuovo governo Meloni deve trovare subito 40 miliardi

Per la premier scelte difficili all’inizio. E addio promesse della campagna elettorale

Il nuovo governo di Giorgia Meloni si troverà sul tavolo un conto da 40 miliardi. A politiche invariate, nel senso che la somma servirà solo per confermare aiuti e bonus del governo Draghi. E questo significa che almeno per la prossima legge di bilancio sarà difficile realizzare qualcuno degli impregni presi con gli elettori durante la campagna. Mentre l’agenzia di rating Standard & Poor’s fa sapere che l’esecutivo entrante si troverà davanti scelte difficili, con la recessione alle porte e il debito che rischia di implodere. E il deficit sopra al 5% riduce di 20 miliardi gli spazi fiscali. Gli interventi obbligati sono quelli su energia, cuneo fiscale, pensioni e lavoratori statali. Ovvero proprio le categorie che hanno votato Fratelli d’Italia alle elezioni. Ma nella lista ci sono anche la Legge Fornero, la flat tax e le modifiche al Pnrr.


La resa dei conti

Il primo impegno del nuovo governo Meloni sarà confermare il decreto energia di Draghi. I soldi, spiega oggi Il Sole 24 Ore, arriveranno dall’extragettito e dalla nuova tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche. Da versare entro il 30 novembre. Per la legge di bilancio l’Italia chiederà un rinvio all’Unione Europea. Anche perché per il varo del nuovo esecutivo si pensa di arrivare alla fine di ottobre. Le previsioni della Nadef (la nota di accompagnamento al Documento Economico Finanziario del governo) porterà un prodotto interno lordo allo 0,7% di crescita rispetto al Def di aprile. Ma sia Fitch che S&P hanno pronosticato invece una crescita negativa per il 2023. Intanto il deficit tendenziale arriverà al 5%. L’inflazione viaggerà al 4,5%. I conti sono impietosi. Il quotidiano spiega che i crediti di imposta sugli acquisti energetici delle imprese allargati dal decreto Aiuti-ter, primo impegno normativo del nuovo Parlamento con la legge di conversione, costano poco più di 14 miliardi a trimestre. Nella prossima legge di bilancio si dovrà poi completare il percorso di adeguamento delle pensioni all’inflazione. Tre punti sopra alle stime di aprile significano un esborso di 8-10 miliardi. La conferma del taglio del cuneo fiscale nelle buste paga invece comporterà una spesa di 3,5 miliardi. Cinque miliardi invece è la cifra che serve per cominciare il rinnovo dei contratti pubblici. Che a regime, con l’adeguamento dell’inflazione, potrebbero arrivare a 16. Infine, tre miliardi servono per l’azzeramento degli oneri di sistema delle bollette e per il gas. E altri tre per il taglio delle accise su benzina e gasolio. Da finanziare anche le missioni internazionali, le armi all’Ucraina, gli aiuti ai profughi della guerra. Ed ecco che il conto di 40 miliardi è pronto.


Il governo Draghi e la legge di bilancio

Il governo Draghi, in carica per gli affari correnti, ha già fatto sapere di non voler affrontare la legge di bilancio. Il ministro dell’Economia Daniele Franco si è limitato a invitare i successori a restare sugli obiettivi del Def. Molto dipenderà in ogni caso dai tempi per la formazione del nuovo esecutivo. Se, come l’esito delle urne suggerirebbe, si dovesse fare in fretta, chi arriverà potrà contare su un margine informale di qualche giorno di tolleranza o sulla richiesta formale di una proroga un po’ più lunga. Solo se, viceversa, si ripetesse lo scenario vissuto a inizio della scorsa legislatura potrebbe essere questo esecutivo a farsi carico anche di presentare il Dpb. Magari in una versione light, da integrare non appena effettuato lo scambio della campanella. Il documento che arriverà in Cdm dovrebbe intanto certificare la performance del Pil superiore alle aspettative per quest’anno, con un +3,3%, ma anche un netto rallentamento nel 2023, che potrebbe fermare l’asticella tra lo 0,6 e lo 0,7%, con una crescita più che dimezzata rispetto al 2,4 ipotizzato in primavera. Un quadro che si complica e che, senza ricorrere a scostamenti, lascia pochi margini di azione. Qualunque sarà l’esecutivo cui toccherà l’onere di andare avanti.

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