Sabotaggio, attentato, esplosioni sottomarine: cosa è successo al gasdotto Nord Stream

Tre ipotesi sul tavolo per le due falle sui tubi. Cosa succede dopo lo stop. Il ruolo di Stati Uniti, Ucraina e Russia

Sabotaggio, attentato con detonazione o esplosioni sottomarine: sono queste le tre ipotesi sul tavolo per spiegare cosa è successo al gasdotto Nord Stream. Più quella dell’incidente, che però rimane ancora sullo sfondo. Le linee del Nord Stream 1 e 2 hanno subito danni «senza precedenti» nel tratto di Mar Baltico tra Danimarca e Svezia. E sebbene il gasdotto che collega la Russia all’Europa fosse ormai fermo per la guerra in Ucraina, le sanzioni a Mosca e i ricatti del Cremlino, ad Amsterdam il prezzo del gas – che era rimasto più o meno stabile anche dopo la chiusura dei rubinetti da parte di Gazprom ad agosto – è schizzato fino ai 207 euro al megawattora (+19%). Mentre i giornali tedeschi parlano di sommozzatori assoldati ad hoc per causare la falla.


I gasdotti

I sismologi danesi e svedesi avevano registrato nei giorni scorsi due forti esplosioni in mare attorno all’isola danese di Bornholm. La prima alle 2:03 della notte tra domenica e lunedì di magnitudo 1.9, la seconda di 2.3 alle 19:04. Peter Schmidt della Rete nazionale sismica svedese ha parlato all’agenzia di stampa Afp di «un’enorme emissione di energia che interpretiamo come proveniente con la massima probabilità da una forma di detonazione». Dopo la scoperta della perdita di pressione e di tre falle nei gasdotti 1 e 2. Che stanno sprigionando gas facendo ribollire la superficie di quel tratto di mare in aree che vanno dai 200 ai 1.000 metri di diametro, come testimoniano le immagini che hanno fatto il giro del mondo. La fuoriuscita, ha avvertito Copenaghen, durerà almeno una settimana. I gasdotti Nord Stream hanno la capacità di portare in Europa fino a 110 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Il Nord Stream 2, sempre criticato dagli Stati Uniti, di fatto non è mai entrato in funzione. Perché Berlino ha bloccato i lavori dopo il riconoscimento delle repubbliche del Donbass da parte di Mosca. Ovvero da poco prima che cominciasse l’«operazione speciale» di Putin in Ucraina. I rubinetti di Nord Stream 1 sono invece stati chiusi dalla Russia ad agosto, ufficialmente per problemi tecnici. Successivamente lo Zar ha minacciato di non riaprirli se non fossero state cancellate le sanzioni contro Mosca.


Cosa succede con il gas dopo lo stop al gasdotto

L’Italia non è coinvolta direttamente nello stop a Nord Stream. Per ora Roma continua a importare gas da Mosca. E ha scorte a sufficienza: gli stoccaggi negli stati Ue sono riempiti mediamente all’87%, quelli italiani arrivano all’89%. L’inchiesta dovrà spiegare cosa è successo. Chi avrebbe avuto interesse a danneggiare il tubo? La Stampa, citando fonti di intelligence, spiega che la risposta è “più o meno tutti”. La Russia o qualche suo alleato per far salire i prezzi del gas. Ma un vantaggio da questa situazione ce l’hanno anche gli ucraini, e persino gli americani. Le prime indagini escludono però l’uso di sommergibili. Perché i mezzi marini sarebbero stati rilevati nelle acque poco profonde del mar Baltico. Un’altra ipotesi collega l’episodio all’inaugurazione del Baltic Pipe, avvenuta ieri. Si tratta del gasdotto che collega Norvegia e Polonia. Può trasportare fino a 10 miliardi di metri cubi di gas l’anno verso Varsavia. «La rottura di un gasdotto – dice al quotidiano Simone Tagliapietra del think tank Bruegel – è considerata causa di forza maggiore nei contratti e il danneggiamento del Nord Stream potrebbe mettere Gazprom al riparo dalla richiesta di danni avanzata da Uniper per il taglio delle forniture». Infine ci sono le ragioni di politica interna: «Putin starebbe subendo pressioni da Gazprom per riprendere le consegne verso l’Ue. La rottura del gasdotto chiude definitivamente questa possibilità».

Il ruolo di Stati Uniti, Ucraina, Russia

Di certo c’è che l’intelligence Usa ha avvertito già settimane fa il governo tedesco su possibili attacchi ai gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico. Secondo quanto rivela Spiegel, in estate la Cia ha informato Berlino del pericolo. Un portavoce del governo tedesco, contattato dal settimanale, ha dichiarato che Berlino non commenta pubblicamente «questioni riguardanti l’intelligence o le attività dei servizi segreti». Sempre secondo Spiegel, il governo tedesco è ormai fermamente convinto che gli incidenti ai gasdotti siano stati deliberati atti di sabotaggio. Tuttavia, non se ne conosce ancora l’autore. La Danimarca ha inviato intanto una nave specializzata nel controllo e nella protezione dell’ambiente marino al largo delle coste dell’isola di Bornholm. La nave dovrà innanzitutto stabilire quanto metano sia uscito dalle condotte. E a quale profondità. A una profondità di 100 metri i microorganismi del Baltico potrebbero eliminare da soli la maggior parte del gas. A una distanza di venti metri il gas potrebbe raggiungere l’atmosfera e avere un impatto sulla concentrazione di gas serra. Il valore del pH del mare può essere influenzato dalle emissioni, anche se il metano non è di per sé tossico per il mare e gli animali.

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