«Ho fatto io il lavoro, ora tocca a lei»: cosa c’è dietro lo scontro tra Giorgia Meloni e Mario Draghi sul Pnrr

Il Recovery Plan è soltanto uno dei punti di frizione. L’altro è l’atteggiamento sul price cap. E l’attuale premier è “furioso”

«Ho fatto tutto il possibile, le ho lasciato il lavoro fatto. Ora tocca a lei». In questo virgolettato attribuito oggi da La Stampa a Mario Draghi compare tutta la rabbia dell’attuale premier nei confronti di Giorgia Meloni. Dopo il filo diretto di luglio e gli “aiuti” (non si sa quanto graditi) sui dossier più complicati, la materia del contendere è diventato il Recovery Plan. La premier in pectore ha parlato di «evidenti ritardi da recuperare». Aggiungendo che sarà il suo governo a prendersene la colpa. Forse perché così si toglie di dosso l’etichetta di draghiana? L’attuale inquilino di Palazzo Chigi le ha risposto in pubblico: «Nessun ritardo sul Pnrr. Il prossimo governo proseguirà il nostro lavoro». Ma i retroscena dei giornali dipingono un Draghi che in privato è davvero furioso. Non solo per il piano, ma anche per qualcos’altro.


La “buca” di Meloni al Consiglio Europeo

Sempre La Stampa fa infatti sapere che durante il vertice di Fratelli d’Italia Meloni ha annunciato che non andrà al Consiglio Europeo in programma per il 20 e il 21 ottobre: «A cosa serve forzare i tempi per un appuntamento in cui si rischia di portare a casa poco? O che sia un fallimento?». Di che si deve parlare in Europa alla fine di ottobre? Del price cap, ovviamente. Dopo l’apertura a metà di ieri di von der Leyen infatti Bruxelles dovrà prendere una decisione proprio sul piano che vuole l’Italia. E che Meloni marchi visita proprio sul punto a Draghi pare un tradimento. Dalla parte di FdI spiegano che in quei giorni molto probabilmente la nuova premier non avrà ancora ricevuto la fiducia. E dovrà difendere un dossier preparato dal governo precedente. Di qui la scelta di non andare. Anche per evitare eventuali trappole: «Si rischia di andare a litigare per ottenere un pugno di mosche», è il ragionamento. Con il timore di ricevere un’accoglienza non commendevole. All’esordio in Europa. Tutti questi motivi spingono Meloni a confermare il suo no. Nonostante la rabbia di Draghi. Anche per la legge di Bilancio i tempi stringono. Draghi e Daniele Franco potrebbero intanto presentare già la prossima settimana il Documento programmatico di Bilancio, rispettando la scadenza Ue di metà ottobre ma indicando solo le spese indifferibili. In attesa che si compia la transizione. E che il prossimo governo compia le scelte di politica economica.


Il problema del Recovery Plan

Sul Pnrr il governo Draghi lascia in eredità a Meloni 15 miliardi spesi dei 29,4 previsti per il 2022. E incassa il via libera dell’Europa ad altre due rate da 42 miliardi oltre al prefinanziamento da quasi 25. Serviranno entro il 2026 per la transizione ecologica e digitale dell’Italia. Ma, spiega oggi Repubblica, una tabella della Nadef dice che quest’anno spenderemo i 15 del Def. Ne restano 170 nei prossimi tre anni e mezzo. Ed è vero che alcuni progetti sono in ritardo. Soprattutto a causa dei costi delle opere pubbliche e dei tempi di adattamento alle procedure. E le previsioni dicono che i ritardi si verificheranno anche nel 2023 e nel 2024. Ma secondo il governo i bandi, le gare, le aggiudicazioni portano a qualche ritardo che si recupera nel finale di partita. Anche perché le regole del Pnrr sono diverse da quelle dei normali fondi da Bruxelles. Per ottenere le risorse non si devono mandare gli scontrini. Conta «il numero di obiettivi e traguardi raggiunti alla fine di ciascun semestre», ha ricordato il premier in cabina di regia.

Il rifiuto di Panetta

Un ultimo elemento di frizione tra Draghi e Meloni è rappresentato da Fabio Panetta. Il membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea non sarà probabilmente il prossimo ministro dell’Economia italiano. Lo ha dichiarato all’agenzia statunitense Bloomberg una fonte riservata. A rivelarlo alla «persona informata sulla questione», che ha preferito restare anonima, sarebbe stato lo stesso Panetta nel corso di un colloquio privato in occasione della riunione dei ministri delle finanze dell’area dell’euro tenutasi in Lussemburgo l’altroieri. Su Panetta Meloni aveva fatto affidamento per via XX Settembre. E forse sperava che Draghi riuscisse a convincerlo. Anche se lui punta a diventare il governatore di Bankitalia dopo Visco.

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