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Nuovo governo, l’incontro tra Giorgia Meloni e Berlusconi e la guerra tra Forza Italia e FdI: «O compatti o al voto»

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Oggi in via della Scrofa la nuova premier in pectore e il Cav potrebbero siglare l'intesa. Ma intanto in Fi c'è chi minaccia l'appoggio esterno

Oggi è in programma l’incontro tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi nella sede di Fratelli d’Italia in via della Scrofa. L’accordo per il nuovo governo è impostato e potrebbe essere siglato davanti alle telecamere. Il pressing della nuova premier in pectore sui figli del Cavaliere e il lungo comunicato di Licia Ronzulli di ieri certificano la ritrovata vicinanza dopo gli appunti del leader di FI e la replica («mancava: non ricattabile»). Ma intanto i due fronti continuano a mandare segnali di guerra. In un’intervista rilasciata a Repubblica il capogruppo uscente di FdI Francesco Lollobrigida dice che se la coalizione non è compatta allora è meglio il voto. Mentre il fedelissimo del Cav Gianfranco Miccichè chiede al suo partito di «valutare l’appoggio esterno» e dice che gli alleati «puntano a prendersi i parlamentari azzurri per ammazzare definitivamente l’ex premier».

L’accordo e l’incarico

L’agenzia di stampa Ansa scrive che Meloni vuole chiudere per il governo entro il 25 ottobre. Ovvero 3 o 4 giorni dopo aver ricevuto l’incarico da Mattarella. Nel frattempo il clima tra i due partiti si è stemperato anche se non è stato ancora trovato l’accordo sul ministero della Giustizia. Per via Arenula Meloni vuole Carlo Nordio, mentre Berlusconi punta sull’ex presidente del Senato Elisabetta Casellati. Se non fosse accontentato, il Cav potrebbe chiedere il Viminale o il ministero dello Sviluppo, che però è considerato chiave dalla premier ed è destinato a Guido Crosetto o all’ex Confindustria Antonio D’Amato. Finora i ministeri in capo a Fi sono quattro. Gli Esteri per Antonio Tajani sono un punto fermo. La trattativa dovrà incastrarsi con la Lega, che potrebbe riaprire la partita del Viminale per Salvini o per un uomo del Carroccio. Anche se si è già assicurata il ministero dell’Economia e delle Finanze con Giancarlo Giorgetti (a meno che si riapra l’opzione di Fabio Panetta).

Intanto Berlusconi riflette. E ricorda come andò all’epoca del governo Draghi, quando lui indicò tre ministri e si ritrovò con altri tre in Cdm. La paura del Cavaliere è che finisca allo stesso modo. E i rischi sono concreti, visto che FdI aveva fatto trapelare l’irritazione per lo strappo in Senato sostenendo che a quel punto nessun senatore di Fi sarebbe entrato nel governo. Tranne Casellati, che era rimasta insieme a Silvio seduta sugli scranni di Palazzo Madama. Per questo l’accordo parte dal suo nome. E, spiega La Stampa, visto che Ronzulli ha fatto un passo indietro, ora in rampa di lancio ci sono Giorgio Mulè, Alessandro Cattaneo e Alberto Barachini. Per quest’ultimo, presidente uscente della Commissione di Vigilanza Rai, sarebbe pronta la carica di sottosegretario con delega all’Editoria. Intanto ieri Berlusconi si è imbattuto in tre senatori del Partito Democratico e ha detto loro di aver parlato con Vladimir Putin: «Gli ho detto di trattare con Zagrebelsky», ha sostenuto confondendo il presidente dell’Ucraina con l’ex giudice della Consulta.

La minaccia delle elezioni

Nel frattempo il capogruppo uscente Francesco Lollobrigida minaccia le urne. Nel colloquio con Emanuele Lauria dice che non c’è alcuna possibilità di «inciuci o governi anomali. «Vede, quando Giorgia ha detto di non essere ricattabile alludeva esattamente a questo, parlava di dinamiche politiche. Inaccettabile pensare di far mancare i numeri per fare quello che vuoi tu. Non è un metodo che porta a una conciliazione. A noi non è mai interessato governare solo per farlo, vogliamo coinvolgere le migliori energie dentro e fuori la politica. Se ci saranno queste condizioni, bene. Altrimenti neppure ci proviamo. E torniamo dagli elettori, riproponendo a quel punto una coalizione diversa dall’attuale ma ripartendo, per quanto riguarda FdI, dal consenso che abbiamo avuto. Però non credo che accadrà».

Lollobrigida dice anche qualcosa di sibillino: «Nella fase della fiducia altre forze potrebbero essere interessate a dare un contributo positivo». Sostiene di non alludere ai centristi che potrebbero confluire nel gruppo dei moderati che FdI sta contribuendo a far nascere. Poi manda un altro segnale al Cav, quando dice che un partito può legittimamente proporre persone per i ministeri ma spetta alla premier fare la sintesi. Esattamente come succedeva quando era Berlusconi ad avere l’incarico. E chiude definendo ancora una volta «incomprensibile» quello che è accaduto in Senato. Un modo per far capire che la fatwa nei confronti dei senatori che non hanno votato Ignazio La Russa potrebbe rimanere in vigore.

Il fronte e la tregua

Dall’altra parte del fronte c’è Gianfranco Miccichè. Il senatore dice oggi a La Stampa che «stanno maltrattando Berlusconi». E che Meloni vuole «dividere Forza Italia come ha fatto con la Lega scegliendo Giorgetti per il Mef». Spiega: «È assolutamente normale che i leader vogliano delle sentinelle dentro al Consiglio dei ministri, fu così nel caso di Marco Follini. Cosa c’è di male? E poi questa storia che Licia non sarebbe all’altezza è assurda: se ha un ruolo così importante nel partito vuol dire che è all’altezza di averlo anche nel governo». E infine propone al suo partito di rimanere fuori dal nuovo governo: «La mia idea è: diamo l’appoggio esterno al governo. A questo punto si scelga lei questi scienziati di ministri». Ma sostiene anche che «quello che succederà è un film già visto: cercheranno di prendersi uno a uno i parlamentari per ammazzare definitivamente Berlusconi». E lui come sta? «Lui ci sta male. Non lo chiamo per non scocciarlo, ma so che è così. Gli voglio bene e lo conosco».

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