No! Nuovi studi e il bollettino ISS non “smontano le balle sui vaccini”

La testata La Verità diffonde una narrazione fuorviante sull’efficacia dei vaccini anti Covid-19, smentita da chi ha realizzato il report

Secondo un articolo firmato da Maurizio Belpietro e pubblicato su La Verità lo scorso 31 ottobre, dove utilizza i dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss), si sostiene che i vaccinati si ammalano di Covid-19 più dei non vaccinati. In realtà l’Istituto non ha mai sostenuto una cosa simile, inoltre i dati dicono l’esatto opposto. Viene citato anche uno studio che dimostrerebbe la superiorità dell’immunità naturale, basato sulla rassegna di articoli dallo scarso impatto, scartando tutti quelli che smentiscono la visione degli autori.

Per chi ha fretta:

  • I dati dell’Iss non mostrano affatto che i vaccinati si ammalano di più.
  • Nessuno studio ha dimostrato che l’immunità naturale sia superiore a quella dei vaccini.

Analisi

Il direttore de La Verità cita dati attribuiti all’Iss, che mostrerebbero come chi si vaccina si ammalerebbe maggiormente di Covid-19, rispetto ai non vaccinati:

C’è un grafico, diffuso dall’Istituto superiore di sanità, che taglia la testa al toro a qualsiasi polemica sulla diffusione del Covid da parte dei non vaccinati rispetto a coloro che si sono sottoposti all’iniezione anti virus, tappando la bocca a chi vorrebbe continuare a imporre limitazioni per i non immunizzati. Nel grafico, che è suddiviso per quattro fasce di età (da 12 a 39 anni, per passare dai 40 ai 59 anni, infine agli ultra ottantenni) e riguarda gli ultimi mesi, si scopre che coloro che non hanno offerto il braccio alla patria hanno un tasso di incidenza – ossia di contagio – ogni 100.000 abitanti inferiore rispetto a chi ha portato a compimento il ciclo vaccinale. 

Quindi Belpietro cita una ricerca che avrebbe dimostrato la superiorità dell’immunità naturale rispetto a quella indotta dai vaccini:

Secondo uno studio pubblicato dal Journal of Clinical Medicine, l’immunità naturale, cioè quella conseguita da chi si è ammalato di Covid ed è guarito, dura più a lungo di quella indotta dai vaccini. In altre parole, chi si è beccato il coronavirus riduce le probabilità di contrarre forme gravi della malattia rispetto a chi si è vaccinato.

Cosa dice l’ISS

Se c’è una cosa che questa pandemia ci ha insegnato è che i dati sono facilmente fraintendibili, specialmente se si parte da preconcetti. Diamo un’occhiata ai grafici dell’incidenza per fascia d’età presenti nell’ultimo report esteso dell’Iss aggiornato al 19 ottobre 2022 (pag. 29). Si vede che in generale la probabilità di contrarre la Covid-19 resta più alta nei non vaccinati.

Vediamo una apparente eccezione solo nell’ultimo mese, esclusivamente nella fascia tra i 12 e 59 anni. Quando vediamo valori più alti nelle persone completamente vaccinate, alla base c’è un errore noto come «problema del denominatore», dovuto alla difficoltà di censire la popolazione non vaccinata, mentre dei vaccinati sappiamo tutto (o quasi). Questa difficoltà traspare anche leggendo le precisazioni dell’Iss nel bollettino:

Il tasso di incidenza degli ultimi 30 giorni potrebbe essere sottostimato. A causa dell’elevato numero di nuove infezioni, spesso non diagnosticate o autodiagnosticate e quindi non riportate alla sorveglianza, il numero delle persone a rischio considerate per il calcolo del tasso di incidenza è verosimilmente sovrastimato – precisa il bollettino -, in particolare nelle fasce 12-39 e 40-59. E inoltre verosimile la presenza di una più elevata sotto-notifica delle diagnosi nella popolazione non vaccinata e vaccinata da oltre 120 giorni.

A fornire ulteriore contesto nella vicenda ci ha pensato Patrizio Pezzotti (direttore del Reparto di Epidemiologia, Biostatistica e Modelli Matematici dell’Iss) in un articolo pubblicato dall’HuffPost del 4 novembre 2022, aggiornato al 6 novembre per via di un botta e risposta con il direttore de La Verità.

Ne avevamo trattato in precedenza, quando dati simili venivano estrapolati dai report della Sanità britannica, portando a elaborare l’ipotesi della cosiddetta «immunità negativa»: un’invenzione No vax dovuta alla cattiva interpretazione dei grafici. A questo si aggiunge il paradosso di Simpson, che porta a vedere più casi tra i vaccinati semplicemente perché costituiscono una fetta considerevole della popolazione, mentre i non vaccinati sono pochi e come abbiamo visto è difficile avere dati completi su tutti loro.

Lo studio sull’immunità naturale

Lo studio sull’immunità naturale al quale fa riferimento Belpietro è stato pubblicato dalla casa editrice svizzera MDPI, già nota per aver pubblicato nelle sue riviste articoli scientifici dalla qualità incerta. Si tratta, come suggerisce il titolo, di una «revisione narrativa», dove gli autori suggeriscono la superiorità dell’immunità naturale sulla base di articoli di scarso impatto appositamente selezionati, scartando tutti quelli che negano la tesi. Gli autori non fanno verifiche dirette, né analisi statistiche. Come riporta il collega Andrea Casadio nel suo articolo per Domani, tra gli autori del paper troviamo l’omeopata Sara Diani e il dottor Eugenio Serravalle, medico apprezzato negli ambienti No vax.

Conclusioni

I dati dell’Iss non dimostrano che chi si vaccina si ammala di più, anzi mostrano l’esatto contrario. Non è la prima volta che l’analisi superficiale dei dati – non accompagnata dalla consultazione di esperti -, e la scelta di pubblicazioni che appagano i propri preconcetti, porta alla produzione di narrazioni distorte.

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