La maledizione di Casamicciola, dal devastante terremoto del 1883 al sisma di 5 anni fa

L’Isola di Ischia, e in particolare il comune di Casamicciola, è da decenni estremamente sensibile e vulnerabile a disastri ambientali, tra alluvioni ed eventi sismici, tant’è che già nel 1931 Eduardo De Filippo racchiuse tutta la sua rabbia e impotenza in una frase: «Ccà pare Casamicciola». E la storia continua a ripetersi

L’emergenza maltempo continua a scuotere la Campania. Mentre è corsa contro il tempo a Casamicciola, sull’isola di Ischia, per la ricerca dei 12 dispersi a seguito del nubifragio che si è abbattuto sulla zona nella mattinata di oggi, 26 novembre, intorno alle 5, che ha provocato allagamenti e smottamenti e messo in ginocchio il centro abitato della città. L’isola di Ischia è sempre stata un’isola fragile, esposta a calamità, divenendo scenario di distruzione e morte, tra alluvioni, frane e terremoti. A rendere ancora più labile la perla verde sul Golfo di Napoli vi sono stati anni di abusivismo edilizio sfrenato e incauto, che ciclicamente hanno portato a disastri sul territorio e all’erosione dell’ecosistema, senza risparmiare vite umane umane. Nel novembre 2009, a Casamicciola perse la vita una giovane 15enne, Anna De Felice, che venne improvvisamente travolta dall’onda di detriti, acqua, sabbia, fango e auto causata dal distacco, a seguito di forti piogge, di un costone del monte Epomeo. Tre anni prima, nell’aprile 2006, una frana sul monte Vezzi investì un’intera abitazione, causando la morte di quattro persone: un padre e tre sue figlie. Si salvarono invece la madre e una bambina.


«Ccà pare Casamicciola»: la devastazione del 1883

L’Isola d’Ischia, inoltre, si trova in una zona ad alto rischio sismico. Solo 5 anni fa, nell’agosto del 2017, una scossa di terremoto di magnitudo 4.0 colpì i comuni Casamicciola e Lacco Ameno, causando la morte di 2 persone, oltre ai crolli e alla distruzione parziale di diverse abitazioni. Secondo l’archivio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), tra il 1228 al 1883, sull’isola di Ischia si sono registrati 15 terremoti, 12 dei quali con epicentro a Casamicciola. Il 28 luglio 1883 Casamicciola fu epicentro di un devastante terremoto di magnitudo 5,8 che causò la morte di 2.313 persone. Tra i sopravvissuti al terremoto c’era anche il filosofo e futuro membro dell’Assemblea Costituente della Repubblica italiana, Benedetto Croce, che all’epoca aveva 17 anni. Suo padre, sua madre e sua sorella persero invece la vita. Venne estratto vivo dalle macerie, con fratture su tutto il corpo, dal politico e storico Giustino Fortunato, tra i più importanti esponenti del Meridionalismo.


E fu proprio da quel terremoto che Eduardo De Filippo, nella sua opera Natale in casa Cupiello del 1931, interpretando il personaggio di Lucariello, dinanzi al tradizionale presepe che nell’opera improvvisamente venne devastato, esclamò con rabbia e altrettanta impotenza: «Ccà pare Casamicciola», ossia «Qui sembra Casamicciola». L’esclamazione di De Filippo nel corso del tempo è entrata nell’uso comune, tra i modi di dire popolari, per indicare situazioni di rabbia, sgomento e impotenza che conducono all’irreparabile. E se da un lato è pur vero che Casamicciola, così come tante altre realtà italiane, in un modo o nell’altro deve sempre rialzarsi per poter vivere, perché la vita «Nun adda cagna’», ossia «Non deve cambiare», dall’altro è giusto che ciò avvenga con la promessa che il dolore e la distruzione non siano stati invano, che si risvegli la coscienza collettiva di quella povera patria nel cui fango affonda lo Stivale, letteralmente. Cambierà? Forse, però bisogna volerlo.

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