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Violenza sessuale di gruppo a Siena, condannato a sei anni di carcere il calciatore Manolo Portanova

06 Dicembre 2022 - 16:36 Redazione
Il giudice ha condannato il centrocampista del Genoa anche a una provvisionale di 100mila euro a favore della vittima 22enne

Il Tribunale di Siena ha condannato a sei anni il calciatore del Genoa, Manolo Portanova, per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza di 22 anni (21enne all’epoca dei fatti) in un appartamento del centro storico. Inoltre, il giudice lo ha condannato anche a una provvisionale di 100mila euro a favore della giovane, di altri 20mila euro alla madre della stessa e di 10mila euro all’associazione senese Donna chiama Donna, costituitasi parte civile. Gli abusi risalgono alla notte tra il 30 e il 31 maggio 2021. Assieme a Portanova c’erano altri tre indagati. Si tratta dello zio del calciatore, Alessio Langella, che è stato condannato a 6 anni e che, come Manolo, avevano optato per il processo con rito abbreviato. Gli altri imputati erano Alessandro Cappiello, di 25 anni, che invece aveva chiesto il rito abbreviato e che è stato rinviato a giudizio alla fine dell’udienza preliminare, e un altro ragazzo che all’epoca dei fatti era minorenne e che sarà giudicato dal Tribunale dei Minori di Firenze. Manolo ha assistito di persona all’udienza

La dinamica dei fatti

Lo scorso luglio gli inquirenti hanno ascoltato la vittima che ha raccontato la dinamica dell’abuso. Secondo quanto aveva riferito, la 21enne si trovava a cena con un’amica quando Manolo le ha scritto per invitarla a una festa. Una volta arrivata lì, i due si sono appartati in una stanza. Qui, però, si sarebbero aggiunti altri amici del calciatore che hanno abusato della giovane, girando anche alcuni video. A settembre di quest’anno, il legale del centrocampista, Gabriele Bordoni, ha proposto alla vittima un’offerta risarcitoria di alcune decine di migliaia di euro come «segno di solidarietà e vicinanza verso la ragazza per il percorso che ha dovuto affrontare». Ma la giovane aveva rifiutato. Gli imputati si sono sempre dichiarati innocenti, sostenendo che il rapporto sessuale fosse consenziente.

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