Corruzione dal Qatar, altri 4 italiani nell’inchiesta. Tre eurodeputati coinvolti e la pista dei conti offshore

Sigilli di uffici e sequestri di telefoni per i collaboratori parlamentari. L’immunità frena i provvedimenti. “Il Gigante” e i soldi per viaggi, vacanze e benefit

Altri quattro italiani nell’inchiesta a Bruxelles sulla corruzione dal Qatar. Mentre gli inquirenti danno la caccia ai conti offshore in cui potrebbero essere transitati i soldi. E la polizia mette i sigilli ai loro uffici. Intanto il giudice Michel Claise conferma gli arresti per Antonio Panzeri, Eva Kaili, Niccolò Figà-Talamanca e Francesco Giorgi. E la procura perquisisce la casa dell’eurodeputato socialista Marc Tarabella. Che oggi dovrà fornire le sue spiegazioni alla commissione di vigilanza del Partito Socialista belga. Intanto scatta la corsa all’esame delle votazioni dei diversi gruppi su dossier in qualche modo legati ai paesi del Golfo. Uno di questi, la liberalizzazione dei visti qatarini, sarebbe dovuto approdare presto in Plenaria. Ma ora l’inchiesta complica tutto.


I sigilli agli uffici

Altri quattro italiani hanno visto sigillarsi i loro uffici a Bruxelles o subire sequestri. Non sono indagati, spiega oggi Repubblica, ma si sono ritrovati lo stesso con il posto di lavoro inaccessibile. Tra questi c’è Davide Zoggia, ex sindaco di Jesolo e presidente della provincia di Venezia. Ma soprattutto fedelissimo di Pier Luigi Bersani: è stato il responsabile degli Enti Locali durante la sua segreteria. Poi è diventato il capo dell’organizzazione del partito con Guglielmo Epifani. Dopo aver fatto il deputato nella legislatura 2013-2018 è passato con Articolo Uno. A lui hanno sequestrato il telefonino, perché viveva in una casa di proprietà di Giuseppe Meroni, ex assistente di Panzeri, ora alle dipendenze di Lara Comi, neoeletta di Forza Italia. Zoggia all’Europarlamento è nello staff di Pietro Bartolo. Ma lavora anche per Brando Benifei. Entrambi i parlamentari non sono sotto indagine. Proprio Benifei oggi a La Stampa invita a riflettere sulle attività di lobbying come quelle di Massimo D’Alema, come aveva detto ieri Provenzano.


Tre eurodeputati

Su Panzeri, invece, dice che «È stato mio collega per cinque anni. Mai mi sarei aspettato una cosa del genere, mai. Certo, la presenza assidua e l’attivismo con la sua Ong mi hanno spinto a chiedermi di che cosa si occupasse realmente. Mi ha detto “con la Ong facciamo tanti progetti sui diritti umani”. Mi sono fidato, come penso tanti altri». Il quotidiano scrive che ci sono altri tre eurodeputati coinvolti nell’inchiesta. Ma nessuno di loro è stato oggetto di provvedimenti giudiziari. Perché in assenza di flagranza i membri dell’eurocamera godono dell’immunità. L’autorità giudiziaria dovrà eventualmente chiedere autorizzazioni al Parlamento Europeo. Luca Visentini e il padre di Eva Kaili hanno invece ricevuto la libertà condizionata. Quest’ultimo era stato sorpreso venerdì con un trolley pieno di banconote mentre usciva dagli uffici di Bruxelles.

I conti offshore e la pista del “Gigante”

Il Fatto Quotidiano aggiunge che la procura belga è alla caccia di altri soldi. E mette nel mirino i conti offshore. Si tratta di un uomo misterioso a cui fa riferimento Panzeri e la cui carta di credito veniva utilizzata per viaggi, vacanze e benefit. Mentre nell’atto di fondazione di “Fight Impunity”, l’altra Ong fondata da Panzeri. Tra i fondatori c’è Gianfranco Dell’Alba, ex eurodeputato radicale e capo di gabinetto di Emma Bonino. Che compare nel direttivo onorario. Sia la “Fight Impunity” che la “No Justice No Peace” hanno sede in Rue Ducale 41. La stessa di +Europa e dell’Associazione Coscioni.

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