Manovra, la stretta definitiva sul reddito di cittadinanza: l’offerta non più “congrua” e i limiti per chi non finisce le scuole

La prima proposta di lavoro potrà essere localizzata su tutto il territorio nazionale

Dal reddito di cittadinanza sparisce l’offerta di lavoro “congrua”. Ma il sussidio si cancella anche ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni che non hanno finito le scuole. Gli emendamenti in commissione sulla Legge di Bilancio 2023 disegnano il quadro del nuovo aiuto. L’emendamento riformulato a firma di Maurizio Lupi (Noi Moderati) sopprime la parola “congrua” dal testo della norma, che attualmente prevede che i beneficiari del reddito decadano dal beneficio qualora non accettino la prima offerta di lavoro congrua. Si reputa “congrua” l’offerta che considera le esperienze e competenze maturate e anche la distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento. Ovvero entro 80 chilometri e raggiungibile in 100 minuti con mezzi di trasporto pubblici.


Lo studio e il sussidio

Con la modifica approvata la prima proposta di lavoro potrà essere localizzata in qualunque zona del territorio nazionale. E chi non la accetta vedrà l’annullamento del sussidio. Si restringe anche la platea dei percettori. Con il criterio del titolo di studio. A decorrere dal primo gennaio 2023 l’erogazione del reddito di cittadinanza ai giovani tra i 18 e i 29 anni sarà condizionata al completamento del percorso della scuola dell’obbligo. L’emendamento a firma Sasso è stato approvato in nottata. Il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Valditara aveva chiesto di condizionare il sussidio al titolo di studio. Segnalando che 140 mila percettori hanno soltanto la licenza media. Questa stretta si aggiunge alla limitazione temporale: l’assegno che arriverà l’anno prossimo solo per 7 mesi invece degli 8 previsti. Mentre i datori di lavoro che assumono dal primo gennaio al 31 dicembre con contratto a tempo indeterminato i beneficiari del Reddito di cittadinanza «si è aumentato da 6mila e 8mila euro la soglia massima per l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali».


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