Reddito di cittadinanza, il pasticcio dell’offerta «congrua» che resiste: i dubbi sull’emendamento scritto male

Sarebbe sfumata la modifica alle regole del sussidio che toglievano l’assegno in caso di rifiuto della prima offerta di lavoro, anche se lontana e con scarsa retribuzione

Le tante critiche e polemiche che hanno investito il Reddito di Cittadinanza negli ultimi tempi potrebbero non aver sortito l’effetto desiderato dalla maggioranza. Secondo quanto rilevato da Maria Cecilia Guerra, deputata del Partito democratico ed ex sottosegretaria all’Economia, l’emendamento che doveva eliminare il concetto di «congruità» dell’offerta lavorativa sarebbe stato scritto male. Con questo termine, infatti, si intendeva la coerenza con le competenze del lavoratore, una paga dignitosa e la locazione del posto di lavoro entro 80 chilometri dall’abitazione dell’«occupabile».


I punti deboli dell’emendamento

Eliminando la parola in questione, l’obiettivo era quello di imporre l’accettazione di qualsiasi offerta di lavoro ai percettori del reddito, a prescindere dal tipo di proposta, dalla remunerazione e dalla distanza. Ma l’emendamento alla legge di bilancio nato presentato da Maurizio Lupi (Noi Moderati), secondo Guerra, è stato formulato in modo tale che nonostante venga eliminata la parola «congrua», la norma di riferimento rimane quella del decreto legislativo istitutivo del reddito di cittadinanza. E dunque nonostante cambi la forma, la sostanza rimarrebbe uguale. «L’emendamento, approvato in commissione, elimina la parola congrua e crede così di aver obbligato il percettore ad accettare una qualsiasi offerta di lavoro. Ma non è così.», ha spiegato Guerra a Repubblica. Aggiungendo: «La norma modificata costringe il lavoratore ad accettare “la prima offerta ai sensi dell’articolo 4, comma 8, lettera b), numero 5)” del decreto legislativo che disciplina il reddito di cittadinanza, che rinvia a sua volta al decreto legislativo di attuazione del Jobs Act, che definisce appunto l’offerta congrua». E dunque l’emendamento, a suo avviso, si rivela «inutile, guidato dalla foga ideologica e dalla incapacità tecnica». Secondo quanto riportato da Repubblica, la tesi di Maria Cecilia Guerra è stata confermata dal Servizio Bilancio della Camera.


Ulteriore stretta in arrivo

Tanto rumore, ma non per nulla, comunque. Perché l’intervento del Governo Meloni contro la misura è stato duro nei confronti del RdC: sarà eliminato dal 2024, e l’anno prossimo gli ‘occupabili’ potrebbero riceverlo solo per 7 mesi, in pratica fino a luglio. Anche se, puntualizza Guerra, anche in questo caso «la narrazione del governo non è coerente con quello che hanno scritto nella norma»: «È stato detto che perderanno l’assegno dopo sette mesi gli occupabili che non lavorano, ma non è così. Lo perderanno i nuclei che non hanno al loro interno un anziano ultrasessantenne, un disabile o un minore. Gli altri, anche se lavorano, ma guadagnano troppo poco, senza quelle condizioni lo perderanno». Tornando alle offerte congrue, nelle intenzioni del Governo chi rifiuta anche solo una di esse dovrebbe perdere l’accesso al Reddito. «L’offerta congrua che abbiamo in mente prevede che qualsiasi persona, anche laureata, se gli offrono un posto anche di cameriere, casomai vicino casa, è giusto che la accetti», ha dichiarato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) ai microfoni di Radio24. Aggiungendo: «Io spero che nella seconda metà del mese di gennaio potremo portare a casa questo decreto che toccherà anche il reddito di cittadinanza».

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