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Cospito, l’appello di intellettuali e giuristi a Nordio per la revoca del 41 bis: «Sta morendo»

07 Gennaio 2023 - 19:02 Redazione
«Un gesto di umanità e coraggio» è la richiesta per l'anarchico da parte dei quasi 40 firmatari, tra cui Massimo Cacciari, don Luigi Ciotti e diversi ex magistrati

«Un gesto di umanità e coraggio», questa la richiesta di giuristi e intellettuali per Alfredo Cospito, l’anarchico condannato al 41 bis e in sciopero della fame da ormai 80 giorni. L’appello firmato da una 40ina di nomi, tra i quali l’ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, l’attore, musicista e scrittore Moni Ovadia, il filosofo Massimo Cacciari e don Luigi Ciotti, è rivolto al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al governo: «Chiediamo un gesto di umanità e coraggio come la revoca del 41 bis a Alfredo Cospito che è a un passo dalla morte nel carcere di Bancali a Sassari all’esito di uno sciopero della fame che dura, ormai, da 80 giorni», scrivono. Condannato a 20 anni per aver promosso e diretto la FAI-Federazione Anarchica Informale e per alcuni attentati, Cospito è in carcere da oltre 10 anni e dal 4 maggio scorso è sottoposto al regime di 41 bis «con esclusione di ogni possibilità di corrispondenza, diminuzione dell’aria a due ore trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri e riduzione della socialità a una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti», come spiega l’appello di revoca. Dallo scorso 20 ottobre Cospito ha cominciato uno sciopero della fame per protesta contro il regime a cui è stato sottoposto. Una scelta su cui pochi giorni fa lo stesso avvocato difensore Flavio Rossi Albertini aveva lanciato un allarme: «Ha perso 35 chili, con un preoccupante calo di potassio, necessario per il corretto funzionamento dei muscoli involontari tra cui il cuore».

«I fatti commessi ora passino in secondo piano»

L’appello ora rivolto al governo dagli intellettuali ricorda che Cospito non intende sospendere la protesta «ma anzi vuole portarla avanti sino all’ultimo respiro». Tra le firme che scrivono a Nordio anche tanti magistrati in pensione come l’ex Pg di Firenze Beniamino Deidda, Domenico Gallo, Nello Rossi, Livio Pepino, oggi direttore editoriale delle Edizioni Gruppo Abele e Franco Ippolito, attualmente presidente della Fondazione Basso. «Lo sciopero della fame di detenuti potenzialmente fino alla morte è una scelta esistenziale drammatica che interpella le coscienze e le intelligenze di tutti», si legge nel testo. «A fronte di ciò, la gravità dei fatti commessi non scompare né si attenua ma deve passare in secondo piano». L’invito è anche quello di non considerare «come sfida o ricatto» la scelta di chi «fa del corpo l’estremo strumento di protesta e di affermazione della propria identità». Una interpretazione simile viene tacciata dai firmatari come «tradimento della nostra Costituzione che pone in cima ai valori, alla cui tutela è preposto lo Stato, la vita umana e la dignità della persona». E ancora: «Sta qui, come i fatti di questi giorni mostrano nel mondo, la differenza tra gli Stati democratici e i regimi autoritari».

«Urgente impedire una morte evitabile»

Il gruppo di intellettuali e giuristi è poi convinto sulla presenza di anomalie nella condanna destinata a Cospito e vede nella protesta estrema dell’anarchico un legittimo segnale di quanto loro stessi riscontrano. Da qui l’elenco di alcuni elementi poco chiari: «La frequente sproporzione tra i fatti commessi e le pene inflitte (sottolineata, nel caso, dalla stessa Corte di assise d’appello di Torino che ha, per questo, rimesso gli atti alla Corte costituzionale); il senso del regime del 41 bis, trasformatosi nei fatti da strumento limitato ed eccezionale per impedire i contatti di detenuti di particolare pericolosità con l’organizzazione mafiosa di appartenenza, in aggravamento generalizzato delle condizioni di detenzione; la legittimità dell’ergastolo ostativo». Alla luce di tutte le considerazioni, allora, l’urgenza per i giuristi è una soltanto: «Quella di salvare una vita e di non rendersi corresponsabili, anche con il silenzio, di una morte evitabile». Da qui l’appello all’Amministrazione penitenziaria, al Ministro della Giustizia e al Governo «perché escano dall’indifferenza in cui si sono attestati in questi mesi nei confronti della protesta di Cospito e facciano un gesto di umanità e di coraggio».

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