Dalla bancarotta nel 2020 al boom di profitti. La storia emblematica di un’azienda energetica Usa

La Chesapeake Energy, come racconta il Wall Street Journal, è passata in poco più di due anni dall’orlo del fallimento al picco storico di utili

Dalle stalle alle stelle. Una grande azienda statunitense attiva nell’estrazione e nella produzione di petrolio e gas naturale, la Chesapeake Energy Corporation, nel 2020 aveva presentato istanza di fallimento, a causa soprattutto della recessione causata dalla pandemia, e ora si trova con miliardi di profitti grazie al boom dei costi delle materie prime. Una storia, raccontata dal Wall Street Journal, che riassume il trend imprevedibile del mercato oil & gas in quest’ultimo triennio. Solo nei primi nove mesi dello scorso anno la Chesapeake ha macinare utili per 1,3 miliardi di dollari e le sue azioni sono più che raddoppiate da quando la società si è tornata a quotare in Borsa all’inizio del 2021. Lontanissimi dunque, per l’azienda, i tempi magri del 2020, quando dopo anni di ottime performance sull’onda del boom del fracking la pandemia e i lockdown avevano prosciugato gli introiti di Chesapeake, portando i vertici ad avviare la procedura di bancarotta. Ma la ripresa dopo la fase più acuta della pandemia ha capovolto le carte. La produzione di idrocarburi negli Usa ha raggiunto livelli mai visti. «Le esportazioni sia di gas che di greggio stanno raggiungendo nuovi massimi, superando facilmente le vendite all’estero di aerei, prodotti farmaceutici, alimenti e automobili», ricostruisce la testata americana.


Il nuovo boom trascinato dall’export

«Quello che è realmente accaduto è che il mondo si è reso conto che c’è bisogno di idrocarburi nella politica energetica», ha commentato Domenic Dell’Osso, Ceo di Chesapeake. Quest’ultima ha di recente messo in funzione un settimo impianto di perforazione nel bacino di Haynesville, un enorme giacimento di gas naturale a cavallo tra il Texas orientale e la Louisiana nordoccidentale che ha conosciuto boom in passato. In tutto, all’inizio di gennaio vi operavano 69 impianti di perforazione, rispetto ai 32 dell’estate 2020. Solo durante il terzo trimestre dello scorso anno Chesapeake ha prodotto 1,6 miliardi di piedi cubi di gas al giorno, ad Haynesville. Un boom diverso rispetto ai passati: i guadagni dei produttori arrivano in larga parte dalle esportazioni e questo ha una ricaduta sui consumatori americani perché limita il fatto che l’aumento produttivo possa tradursi in prezzi più bassi.


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