Bologna, parla la madre avvelenata con le penne al salmone: «Non è più mio figlio. Voleva l’eredità»

Monica Marchiori racconta com’è cambiata la sua vita dopo che il 21enne ha tentato di soffocarla e ha ucciso il compagno della madre

«Ad oggi non lo ritengo più mio figlio. Io e mio marito ci prendevamo sempre cura di lui. Ma è cambiato quando abbiamo deciso di chiudergli i rubinetti delle disponibilità economiche». A parlare è Monica Marchiori, madre del 21enne Alessandro Asoli che ad aprile 2021 uccise il patrigno Loreno Grimandi cucinandogli delle penne al salmone volontariamente avvelenate. In quella cena anche la madre aveva subito l’avvelenamento che la portò a un ricovero ospedaliero di un mese, da cui è poi uscita viva. «Ogni mattina prego per quel ragazzo davanti alla sua foto. I video dove siamo insieme invece non riesco a guardarli perché ascoltare la sua voce per me è impossibile. Quella notte mi diceva “Hai rovinato tutto”. Perché? Cosa gli avevo rovinato quella notte, non riesco a togliermelo dalla mente», racconta Marchiori al Corriere. Il ragazzo si è sempre dichiarato innocente, sostenendo che la vera responsabile dell’accaduto sarebbe in realtà la madre. Tesi sostenuta anche dal padre naturale del giovane. Ma a fine maggio 2022 il 21enne è stato condannato a 30 anni per omicidio aggravato del patrigno e tentato omicidio della madre. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, nella pasta era stato messo del nitrato di sodio. Ora, in attesa del processo d’appello – le prime udienze sono fissate il 22-23 marzo 2023 -, Marchiori racconta com’è cambiata la sua vita dopo la tragedia e la sentenza.


«Ho venduto la casa: com’è cambiata la mia vita ora»

La madre di Asoli ha iniziato un lungo percorso con una psicoterapeuta e una psichiatra e riferisce di non essere ancora riuscita a riprendere la sua vita normale: «Non so se succederà più: ho venduto la casa dove è avvenuto il mio dramma». Marchiori racconta di come stia vivendo da ormai due anni una grande contraddizione: «Da un lato sono la madre di quel ragazzo, che lo ha amato con tutta se stessa provvedendo a crescerlo con i più sani principi e tutto l’amore possibile. Ma sono anche la vittima di un terribile reato. Ha provato a uccidermi provando a soffocarmi e urlandomi cose cattive dopo che ero stata avvelenata». In tutti questi mesi, madre e figlio non si sono mai sentiti. Ma la madre sarebbe disposta a parlargli, se vedesse un reale cambiamento e un percorso di pentimento. «Che però finora non c’è stato e non so nemmeno se in lui ci sia questo interesse». Il motivo dell’omicidio, secondo Marchiori, sarebbe stato economico: «Voleva l’eredità. Voleva qualcosa che gli procurasse soldi velocemente, era la sua ossessione». Oltre al percorso terapeutico, Marchiori è entrata a far parte di Unavi – Unione nazionale vittime, l’associazione che sostiene le vittime di reato e della quale diventerà coordinatrice per l’Emilia-Romagna.


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