Gioielli e pietre preziose, ma nessun documento scritto: cosa è stato trovato (per ora) nel secondo covo di Matteo Messina Denaro

A nascondere l’accesso era un armadio, la cui chiave sarebbe stata fornita agli inquirenti dal proprietario di casa Risalvato

Gioielli, collane, bracciali e anche pietre preziose di grandi dimensioni. È questo che sarebbe stato trovato dentro il bunker scoperto nel secondo covo di Matteo Messina Denaro, individuato dai carabinieri del Ros e dal Gico della Finanza in una casa in via Maggiore Toselli n.34, a Campobello di Mazara. Lo riferiscono fonti qualificate, gli uomini del Gico della Guardia di Finanza e quelli del Ros dei Carabinieri che hanno effettuato la perquisizione. Ora, per accertare l’autenticità e il valore dei gioielli e delle pietre scoperte sarà effettuata una perizia. Per il momento, aggiungono le fonti, non sarebbe stato trovato invece alcun biglietto scritto. C’era un armadio a nascondere l’accesso al secondo covo, il quale sarebbe una stanza blindata all’interno di una casa distante appena 300 metri da vicolo San Vito, dove si trova il primo nascondiglio in cui si nascondeva il boss mafioso. Sarebbe stato il proprietario di casa, Errico Risalvato, a fornire agli inquirenti la chiave della porta scorrevole che dà l’accesso alla stanza blindata. Ancora ignoto l’esito delle perquisizioni, a cui ha partecipato il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido.


Come è nata l’ipotesi di un secondo bunker

L’ipotesi che potesse esistere un altro luogo in cui il boss si nascondeva era cresciuta man mano che veniva perquisito il primo covo, in particolare alla luce di quanto ritrovato all’interno. In quella casa alla luce del sole acquistata dal prestanome Andrea Bonafede, gli inquirenti avevano scovato oggetti che la facevano sembrare più «una casa di villeggiatura», come avrebbe detto uno degli investigatori. C’erano infatti diversi abiti griffati, profumi, un frigorifero pieno di cibo. E poi numerose ricevute di ristoranti, pillole per potenziare le prestazioni sessuali e profilattici. Dalle perquisizioni gli inquirenti potranno capire se si tratti del luogo in cui il boss mafioso nasconderebbe il suo tesoro: dai soldi, ai pizzini, fino a documenti riservati.


Di chi è la casa del secondo covo

L’appartamento in cui è stato scoperto l’accesso al secondo covo di Messina Denaro è intestato a Errico Risalvato, 70 anni, assolto nel 2001 dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, che gli inquirenti considerano uomo di fiducia del boss di Castelvetrano. Errico Risalvato è fratello di Giovanni, che ha scontato una condanna a 14 anni di carcere per mafia, oggi imprenditore nel settore calcestruzzi.

Il mistero dell’archivio di Totò Riina

Tra i diversi misteri su cui gli inquirenti sperano di far luce dopo l’arresto di Messina Denaro è per esempio quello sull’archivio di Totò Riina. Secondo i racconti di diversi pentiti ritenuti attendibili, come Nino Giuffrè, già braccio destro di Beppe Provenzano, Messina Denaro avrebbe recuperato almeno parte dei documenti conservati da Riina, portati via dopo la mancata perquisizione del covo del boss. Altri come Salvatore Baiardo sostengono che Messina Denaro possa avere la nota “Agenda rossa” di Paolo Borsellino, che sarebbe stata portata via da via D’Amelio subito dopo la strage in cui morì il magistrato. A Report un anno fa, Baiardo disse che esisterebbero più copie di quell’agenda, e una sarebbe stata nelle mani di Messina Denaro. Documenti che finora non sono stati trovati nel primo covo del boss trapanese.

Leggi anche: