Benzinai, lo sciopero finirà stasera alle 19. Revocata la seconda giornata di agitazione

La decisione di Fegica e Figisc Confcommercio. «A favore degli automobilisti, non certo del governo», precisano

Lo sciopero dei benzinai terminerà stasera, 25 gennaio, alle ore 19. Le sigle Fegica e Figisc hanno revocato la seconda giornata di sciopero, iniziato ieri sera, a seguito dell’incontro pomeridiano con i rappresentanti del governo. I gestori hanno comunque precisato che la scelta è state presa «a favore degli automobilisti, non certo del governo». Un’altra sigla, la Faib, aveva ha già annunciato la riduzione dello sciopero a 24 ore. Il ministero delle Imprese è riuscito a ottenere, dunque, l’esito sperato dal confronto con i rappresentanti sindacali dei benzinai, convocato in extremis alle 15 di oggi pomeriggio in via Veneto.


La nota congiunta dei presidenti di Fegica e Figisc

Il secondo giorno di sciopero lo revochiamo a favore degli automobilisti, non certo per il governo. Pur riconoscendo di aver potuto interloquire in maniera costruttiva con il ministero che si è speso per diventare interlocutore propositivo, l’incontro ha confermato il persistere di molte criticità. Anche quest’ultimo ennesimo tentativo di rimediare ad una situazione ormai logora, non è riuscito ad evidenziare alcun elemento di concretezza che possa consentire anche solo di immaginare interventi sui gravissimi problemi del settore e di contenimento strutturale dei prezzi. Le proposte emendative avanzate dal governo al suo stesso decreto non rimuovono l’intenzione manifesta di individuare i benzinai come i destinatari di adempimenti confusi, controproducenti oltreché chiaramente accusatori. Appare ormai chiaro che ogni tentativo di consigliare al governo ragionevolezza e concretezza non può o non vuole essere raccolto.


La conferenza stampa della mattinata e le videointerviste ai sindacalisti

Lo sciopero indetto dagli esercenti dei distributori di carburanti è durato 24 ore, non 48 come precedentemente annunciato. Non era andato a buon fine l’incontro di ieri, 24 gennaio, voluto dal governo e dal ministro Adolfo Urso, per scongiurare la mobilitazione. Nella mattinata di oggi, i rappresentanti delle sigle sindacali hanno convocato una conferenza stampa per chiarire ulteriormente le ragioni della protesta. Sul finire dell’incontro, al quale erano presenti anche alcuni deputati del Partito democratico – Vinicio Peluffo, Maria Cecilia Guerra, Anthony Barbagallo e Andrea Casu -, è arrivata la notizia che il ministero delle Imprese ha chiesto un ulteriore confronto con i benzinai: alle 15, sono tornati al ministero di via Veneto. Mentre la Faib aveva già annunciato la riduzione dello sciopero a 24 ore, gli altri sindacati hanno atteso di leggere il testo dell’emendamento che lo stesso governo presenterà al suo decreto. Si era detto che l’unica condizione che avrebbe permesso loro di fare un passo indietro era uno “svuotamento” del provvedimento, a partire dall’obbligo di affissione di un cartello con il prezzo medio regionale dei carburanti in ogni stazione di servizio. Non è andata così, ma la durata della mobilitazione è stata comunque accorciata. Ecco le posizioni espresse la mattina del 25 gennaio.

Roberto Di Vincenzo, Fegica

La sigla Fegica segnala un’adesione alla mobilitazione che sfiora il 90% degli esercenti. Il suo presidente, Roberto Di Vincenzo, esprime probabilmente la posizione più aspra nei confronti dell’esecutivo: «Non intendiamo continuare a stare nel banco degli imputati, vestendo i panni degli approfittatori, di quelli che hanno generato l’aumento del prezzo. I benzinai sono una categoria di piccole imprese, di lavoratori trasparenti. Dal 2010, abbiamo l’obbligo di comunicare i prezzi ogni otto giorni al ministero, che ha già a disposizione un database di quasi 17 mila prezzi». Di Vincenzo ricorda che gli esercenti hanno l’obbligo di comunicare subito alle autorità ogni variazione di prezzo, «visto che per un ritardo di appena 20 minuti corriamo il rischio di una sanzione di 1.032 euro. Non accettiamo da nessuno lezioni di trasparenza. Né vogliamo ricoprire il ruolo di capro espiatorio del governo. Il prezzo è aumentato a gennaio a causa dell’andamento generale delle materie prime e della politica che ha scelto di non tagliare le accise».

Di Vincenzo lamenta anche le false promesse arrivate dall’esecutivo: «Il 13 gennaio, i ministri Giorgetti, Urso e il sottosegretario Mantovano ci avevano rassicurato. Poi, il testo del decreto ha disatteso le loro stesse indicazioni». Nel suo discorso, il presidente di Fegica sottolinea come «nessun’altra categoria abbia l’obbligo di comunicare i prezzi come fanno i benzinai. Né i produttori di latte in polvere per i bambini, né chi vende farina o zucchero. Sui nostri impianti i prezzi sono già esposti e di certo il cartello del prezzo medio non aiuta nessuno, anzi: diventa uno stimolo all’aumento ulteriore del prezzo, per attestarsi sul prezzo più alto». E conclude: «Siamo pronti a valutare i contenuti dei correttivi che il governo dice di voler apportare, per vedere se ci consentono di ritirare la seconda giornata di sciopero. Su queste posizioni, tutte e tre le organizzazioni sono allineate. Ma resta il fatto che ci sono migliaia di gestori a cui noi dobbiamo dare risposte e offrire loro la possibilità di uscire da questo cul de sac in cui il governo, e se volete certe dinamiche interne al governo, li ha cacciati».

Giuseppe Sperduto, Faib

Più morbida la linea adottata da Faib. Il sindacato, per la sola intenzione manifestata dal governo di voler tenere aperta una concertazione con i benzinai, ha ridotto a 24 ore la durata della mobilitazione. «Ero stato tacciato di essere contro il governo perché è espressione del centrodestra. Mi duole, non fosse altro perché rappresento una categoria di lavoratori che nel segreto dell’urna esprime le più varie scelte di voto. Noi non siamo contro il colore politico del governo, siamo contro le cose concrete, reali che hanno fatto e mettono in difficoltà il settore – afferma il presidente Giuseppe Sperduto -. Poi, non ci siamo nemmeno scandalizzati di essere additati come speculatori, siamo abituati agli insulti dei nostri clienti che, ogni giorno, negli impianti se la prendono con noi per il prezzo dei carburanti, dato che siamo l’anello debole della catena. La verità, però, è che non siamo noi a determinare quel prezzo come qualche politico ha voluto far credere. Da qui derivano le nostre rimostranze anche nei confronti del prezzo medio».

Inizialmente, l’esecutivo aveva previsto di far esporre un cartello con il prezzo medio nazionale, poi ha deciso di farlo tarare su base regionale, «ma non è una soluzione – aggiunge Sperduto -. Le compagnie petrolifere trasmettono il prezzo al gestore che, a sua volta, in modo quasi automatico e immediato deve trasmettere il costo dei carburanti al portale del ministero, l’osservatorio prezzi. Se non lo fa, rischia già oggi di pagare 1.032 euro di sanzione per una dimenticanza amministrativa». Il presidente della Faib evidenzia come già oggi il cliente, prima di accedere a un impianto, possa riconoscere a distanza il colore e il marchio del distributore, vedere i prezzi dei diversi carburanti e decidere se rifornirsi o meno. «Più chiarezza di questa? Ho provato a chiedere ai miei clienti quanto costa un chilo di pane, un litro di latte: molti non sanno dare un prezzo preciso. Sui carburanti, invece, i cittadini italiani il prezzo lo sanno a memoria – e conclude -. Noi gestori siamo sotto il giogo della variazione di prezzi sulla quale non abbiamo alcuna influenza. Le bollette dell’energia elettrica sono triplicate, i costi bancari ci strozzano. Mi fermo qui, ma questa è la realtà».

Bruno Bearzi, Figisc

«Siamo stati tacciati di speculazione, ma il prezzo è salito a causa del ripristino delle accise». Bruno Bearzi, presidente della terza sigla sindacala presente al tavolo, la Figisc, esprime il rammarico per essere stati trascinati nel circo mediatico e fa intendere che dalla maggioranza c’è stato un tentativo di scaricare la responsabilità del costo dei carburanti sui benzinai. «La nostra gente era arrabbiata, non potevamo far altro che contestare. Il nostro è un Paese abbastanza strano: nel periodo più duro della pandemia, le nostre aziende, rischiando il contagio da Coronavirus, hanno garantito la mobilità essenziale, hanno garantito i rifornimenti per i trasportatori di merci e i rifornimenti per ambulanze e mezzi delle forze dell’ordine. Non eravamo eroi allora – chiosa -, però pretendiamo una certa misura quando si fanno delle dichiarazioni sulla nostra categoria. Chiediamo rispetto al governo, chiediamo più attenzione visto che, finora, hanno calato dall’alto le loro decisioni», afferma Bearzi. «Ci aspettiamo che l’esecutivo ci illustri la proposta di emendamento al decreto e ascolti qualche nostro suggerimento. Per ridurre di 24 ore la protesta, ci deve essere un impegno reale del governo a renderci compartecipi delle soluzioni alle problematiche che riguardano la nostra categoria».

Antonino Lucchesi, Faib Autostrade

A intervenire per ultimo è Antonino Lucchesi, presidente di Faib Autostrade. «Vero – esordisce -, in autostrada c’è tanta speculazione. Ma a farla sono le società concessionarie, non i gestori dei distributori». Il sindacalista lancia un’invettiva contro le «royalties altissime di Autostrade», a fronte di un servizio garantito 365 giorni l’anno, 24 ore su 24. «Avremmo voluto che dopo questa campagna mediatica qualcuno andasse al nocciolo del problema: a settembre scadrà la moratoria Covid, partiranno nuove gare sulle concessioni autostradali, ma se le cose non cambiano i costi dei carburanti non potranno che continuare a salire. Abbiamo fatto di tutto affinché le autorità ragionassero su questo, ma non è servito a nulla». Lucchesi rinnova l’appello ai politici: «Sollecitiamo il governo a prendere a cuore le criticità della rete autostradale, altrimenti a settembre avremo un’infrastruttura disastrata con dei costi altissimi per gli automobilisti». Anche lui, come gli altri sindacalisti che l’hanno proceduto, critica duramente la scelta dell’esecutivo di far esporre un prezzo medio: «Se abbiamo un prezzo medio a rete ordinaria, ci sarà un prezzo medio a rete autostradale. Questo evidenzierà ancora di più il gap. Non ha alcun senso, abbiamo già sedici cartelli di prezzi, sarebbe un diciassettesimo cartello». Poi, in chiusura, rimprovera all’esecutivo di «aver risposto picche alle proposte dei benzinai – perché – ci sono delle lobby a cui fa comodo che ci sia speculazione».

Guerra e Peluffo, Pd

«Parlo in quanto ho seguito le vicende del settore già quando ero al governo – dice la deputata Guerra, salutando i sindacalisti -. Ci sono dei problemi che riemergono ed è importante che abbiate aperto una trattativa con il governo. Credo che la vostra voce sia arrivata molto forte. Non so qual è la proposta definitiva che vi verrà fatta, ma il punto più delicato e sul quale dovete continuare a insistere è non idea non consentire al governo di scaricare sulla categoria un problema generale, di cui non portate alcuna responsabilità. La trasparenza è proprio una caratteristica del vostro settore». Sulla stessa linea l’intervento dell’onorevole Peluffo, capogruppo del Pd nella X commissione a Montecitorio: «Adesso, il problema principale che riguarda tutti è il costo dei carburanti alla pompa, e proprio su questo non interviene il decreto del governo. Non interviene nemmeno sulle criticità che ci sono nella filiera. Avete respinto in modo netto il tentativo di liberarsi di una responsabilità, la scelta politica di non aver mantenuto un provvedimento che sterilizzava le accise. Non era solo nelle vostre considerazioni, ma i dati forniti dal ministero dell’Ambiente, quindi dall’esecutivo stesso, dicono che le accise hanno comportato l’aumento del prezzo».

Leggi anche: