Accordi Italia-Svizzera, la Lega propone un «premio di frontiera» per fermare la fuga di manodopera italiana

Scade intanto l’intesa che permetteva ai frontalieri di lavorare in smart working: è corsa nella maggioranza per cercare una soluzione

Approda oggi in un Aula al Senato il disegno di legge di ratifica ed esecuzione degli accordi con la Svizzera sui lavoratori frontalieri. E, coincidenza, il 31 gennaio è anche il giorno in cui scade l’«Accordo amichevole», siglato nel 2020 tra Roma e Berna, per consentire agli italiani che attraversavano ogni giorno il confine elvetico di usufruire del telelavoro, senza perdere il vantaggioso regime fiscale che li contraddistingue. I frontalieri, infatti, secondo un’interpretazione dell’intesa stretta con la Svizzera nel 1974, hanno l’obbligo del rientro giornaliero nel comune di residenza per beneficiare della tassazione elvetica del reddito. Condizione, quella del ritorno quotidiano a casa, che viene meno con lo smart working. E che, senza un accordo specifico, impedisce ai frontalieri di lavorare da casa anche per un solo un giorno.


Da domani, primo febbraio, alcune migliaia dei circa 90 mila italiani dovranno rimettersi in auto per attraversare il confine: pena la perdita dello status di frontalieri e delle agevolazioni fiscali. È altrettanto evidente che quell’«Accordo amichevole» non poteva essere prorogato ulteriormente, data la sua natura emergenziale: ideato e redatto per rispondere alla crisi del Coronavirus, oggi non avrebbe alcuna base giuridica su cui poggiarsi. Così, nella discussione del ddl di ratifica ed esecuzione degli accordi con la Svizzera sull’imposizione fiscale dei frontalieri, il senatore leghista Massimiliano Romeo ha inserito un ordine del giorno: «L’esperienza del Covid – si legge – ha permesso di sviluppare modalità di telelavoro moderne ed efficaci, con indubbi vantaggi per la qualità della vita dei frontalieri, ma anche con sensibili miglioramenti in tema di traffico e inquinamento delle zone di frontiera».


Il nuovo «premio di frontiera» per rendere più appetibile il lavoro nel lato italiano del confine

«Sono migliaia i frontalieri italiani impiegati nel terziario che potrebbero continuare a lavorare da casa, senza essere costretti a sopportare lunghe ore di trasferimento quotidiano». La proposta di matrice leghista è, di fatto, la copia dell’intesa raggiunta lo scorso dicembre tra Svizzera e Francia: permettere ai frontalieri di accedere in maniera definitiva allo smart working per un massimo del 40% dell’orario lavorativo, con un nuovo accordo che prescinda dall’emergenza pandemica. L’ordine del giorno «impegna il governo ad avviare con urgenza negoziati con la Confederazione svizzera». C’è anche un’altra novità che potrebbe rivoluzionare la situazione economica dei lavoratori che risiedono nelle zone di frontiera. Con un emendamento all’articolo 10 del ddl, a firma di Romeo e Massimo Garavaglia e al quale ha lavorato anche il deputato Stefano Candiani, si propone l’istituzione di un fondo con cui incrementare gli stipendi dei dipendenti che restano a lavorare nelle imprese al di qua del confine.

Un «premio di frontiera», che potrebbe ammontare a circa 200 euro netti in busta paga, per evitare la desertificazione imprenditoriale della fascia di frontiera, lato italiano. Come sarà finanziato? Gli accordi in corso di ratifica prevedono che i nuovi frontalieri versino le imposte secondo la tassazione svizzera e, per la parte che li differenzia da un lavoratore italiano, alle casse del nostro Stato. I nuovi frontalieri, dunque, perderanno buona parte dei benefici fiscali di cui godono oggi, dovendo sottrarre dal proprio stipendio una somma pari al corrispettivo dell’Irpef italiana, di cui una parte andrà alle casse elvetiche e un’altra a sostegno dei loro concittadini che resteranno a lavorare in Italia. Infatti, anziché finire nel gettito comune, i versamenti dei frontalieri che, a pieno regime – nel 2045 -, dovrebbero comportare un nuovo gettito di oltre 221 milioni per l’Italia, arricchirebbero un fondo ad hoc per i lavoratori che, pur vivendo vicino al Ticino, resteranno a lavorare nei territori italiani confinanti. Nel testo dell’emendamento, si specifica che il premio non comporterà «nuovi oneri per la finanza pubblica». Le disposizioni, chiariscono infine gli esponenti leghisti, non si applicheranno ai vecchi frontalieri già assunti oltre confine.

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