«Insegniamo a sparare nelle scuole». La proposta all’Esercito del numero 2 di Giorgia Meloni. Fazzolari smentisce, La Stampa conferma

L’idea sarebbe stata avanzata dal sottosegretario a Palazzo Chigi in una conversazione con il generale Franco Federici

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari vuole insegnare a sparare ai giovani nelle scuole? A raccontarlo oggi è il quotidiano La Stampa, raccontando un episodio andato in scena ieri a Palazzo Chigi. Subito dopo l’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il primo ministro etiope Abiy Ahmed, Fazzolari ha parlato con il generale Franco Federici, consigliere militare presso la presidenza del Consiglio. E gli ha detto: «Dobbiamo fare un tavolo per un progetto di insegnamento del tiro a segno nelle scuole. C’è tutta una rete di associazioni che si possono coinvolgere e mettere in contatto con il mondo delle scuole. Ci sono ragazzi molto appassionati e bravi che lo fanno nel tempo libero. Manca una struttura e un riconoscimento ufficiale. È un’attività che io penso meriti la stessa dignità degli altri sport». Ma al ricostruzione del quotidiano ha generato un battibecco con il governo, con il sottosegretario che ha smentito in toto il retroscena, e La Stampa che l’ha invece riconfermato.


Il tiro a segno in classe

Secondo il quotidiano torinese l’idea di Fazzolari sembra essere quella di portare gli studenti al poligono per farli esercitare. Federici invece sembra prendere tempo: «Sì, in effetti è anche una disciplina olimpica. Vediamo cosa possiamo fare. Organizziamo un incontro e mettiamo intorno al tavolo i vari soggetti interessati». Il quotidiano ricorda che Fazzolari nella scorsa legislatura ha presentato una proposta di legge per l’abolizione del divieto di commercializzare armi corte 9×19. Dopo l’approvazione ha festeggiato: «Il divieto era un’assurdità. In Italia abbiamo eccellenze, atleti e aziende di riferimento per il tiro sportivo di primissimo piano. E nonostante tutto ciò, l’Italia non poteva ospitare gare internazionali, perché il calibro più diffuso al mondo, il 9×19 o Parabellum, non si poteva utilizzare». Per Fazzolari le armi sono anche un hobby: «Mi diverto e mi diletto». Ora vuole trasmettere questa passione anche ai ragazzi?


La smentita di Fazzolari

Con un comunicato stampa in mattinata Fazzolari ha smentito tutto: «L’articolo apparso oggi sul quotidiano La Stampa nel quale si sostiene che io vorrei “insegnare a sparare nelle scuole” è ridicolo e infondato. La chiacchierata tra me e il generale Federici, consigliere militare del Presidente Meloni, che il giornalista di La Stampa crede di aver carpito come uno scoop verteva su tutt’altro. La necessità di fornire maggiori risorse per l’addestramento di Forze armate e Forze di polizia e oltre a ciò l’ipotesi di prevedere un canale privilegiato di assunzione in questi corpi dello Stato per gli atleti di discipline sportive reputate attinenti, anche se non olimpiche, quali paracadutismo, alpinismo e discipline di tiro. Due misure alle quali lavoreremo al più presto».

La conferma del giornale

Alla replica di Fazzolari ha contro-risposto a seguire il direttore de La Stampa Massimo Giannini. Confermando in toto la ricostruzione, e richiamando in causa Fazzolari. «Con temerario sprezzo del ridicolo, il sottosegretario Fazzolari ‘spara’ letteralmente la palla in tribuna, per smentire ciò che non è smentibile, cioè la sua idea di portare nelle scuole corsi di tiro a segno con le armi – ribatte Giannini – L’articolo del nostro Ilario Lombardo, che confermiamo parola per parola, è inattaccabile e di fonte sicura al cento per cento. Viceversa, la illogicità della “smentita” del sottosegretario è nelle cose: cita le forze armate, che si esercitano da sempre nei poligoni, e poi l’alpinismo e il paracadutismo, che con carabine e pistole non c’entrano nulla. Quella che c’entra, con ogni evidenza, è invece la nota e antica passione di Fazzolari per le armi. Così forte, da volerla insegnare anche agli studenti in classe, tra le pedagogiche “umiliazioni” auspicate dal ministro dell’Istruzione e le salvifiche lezioni sul “Dante di destra” volute dal ministro della Cultura”».

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