Ignazio La Russa e Giorgia Meloni che «vuole controllare tutto. E quando qualcosa va storto soffre e ci sta male»

Intercettato alla buvette, il presidente del Senato parla della premier. E svela diversi retroscena

La premier Giorgia Meloni «vuole controllare tutto: Palazzo Chigi, il suo partito, quelli degli altri». Ma questa è «un’impresa impossibile. E quando qualcosa va storto lei soffre, sta proprio male. Non si fa scivolare addosso niente». A descrivere così la presidente del Consiglio è qualcuno che la conosce benissimo: il presidente del Senato Ignazio La Russa. Che alla buvette di Palazzo Madama si è lasciato andare a qualche confidenza. Riportata oggi da Paola Zanca sul Fatto Quotidiano. Secondo La Russa «questo bisogno di controllare tutto, questa mancanza di fiducia negli altri, ha delle origini storiche. Quando è diventata capo dei giovani di Alleanza nazionale (nel 2004, ndr), Giorgia era la candidata di Rampelli. Ma erano in minoranza, non avevano i voti per eleggerla. Gianfranco Fini in quella occasione sosteneva Carlo Fidanza, che era uomo di Gianni Alemanno».


Ritratto della presidente da giovane

L’intuizione dell’attuale presidente del Senato ha cambiato il corso della storia: «Ma io e Maurizio Gasparri pur di non darla vinta a Fini, decidemmo di lasciar perdere il nostro candidato, che in quel caso avrebbe potuto essere Donzelli, e di far convergere i nostri voti su quella ragazzina. La conoscevamo, sapevamo già fosse brava». Secondo La Russa all’epoca Meloni era come Attilio Fontana, presidente della Lombardia, oggi: «È stato eletto ma il grosso dei voti non sono suoi». E quindi «alla guida di Azione Giovani, le è toccato crescere così. Da una parte aveva i ‘rivali’ di Fini e Alemanno, in casa aveva un gruppo di sostenitori di cui però non si fidava. Perché sapeva che l’avevano votata soltanto per strategia. Per questo fin da allora ha imparato a tenere tutto sotto controllo, a non farsi sfuggire niente, a fare tutto da sola». Questo si riverbera oggi sul suo modo di guidare il governo. Mentre il presidente del Senato ha imparato la lezione: «Io qualcosa me lo faccio scivolare addosso». Lei no.


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