Polonia, Justyna Wydrzyńska è la prima attivista condannata in Europa per assistenza all’aborto

Aveva inviato delle pillole per l’interruzione di gravidanza a una donna incinta: è stata condannata a 8 mesi di lavori socialmente utili

Justyna Wydrzyńska è stata condannata a 8 mesi di lavori socialmente utili dal tribunale di Varsavia in quello che è il primo processo a un’attivista per aver aiutato un’altra persona nell’interruzione volontaria della gravidanza. In Polonia, da quando è stata introdotta la nuova normativa nel 2020, ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza è permesso solo in caso di stupro, incesto o di gravi problemi di salute per la madre. La legge è tra le più restrittive d’Europa e Wydrzyńska, per aver inviato a una donna per posta la pillola abortiva, rischiava fino a tre anni di carcere. «Questo caso stabilisce un pericoloso precedente per la Polonia, dove l’aborto è quasi completamente vietato, e offre un’immagine agghiacciante delle conseguenze di tali leggi restrittive», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, «Justyna non avrebbe mai dovuto essere processata perché quello che ha fatto non dovrebbe mai essere un reato. Ha mostrato compassione, offrendo sostegno a una donna che chiedeva aiuto, e una grande forza, difendendo il diritto all’aborto sicuro in Polonia».


La storia

Ania – nome di fantasia – ha contattato l’associazione di Wydrzyńska, denunciando i maltrattamenti subiti dal compagno: la donna era incinta ma non voleva proseguire la gravidanza, e il suo partner, violento e oppressivo, l’aveva minacciata. Ania aveva provato a rivolgersi a una clinica in Germania, ma a causa delle limitazioni alla libertà di movimento per il Coronavirus, aveva dovuto cercare aiuto online. Così si era rivolta ad Abortion Dream Team. Wydrzyńska, che in passato ha subito in prima persona gli abusi del padre dei suoi figli e aveva tenuto nascosto un aborto, aveva così deciso di spedirle per posta la pillola. Il compagno di Ania, quando ha capito che la donna si stava facendo aiutare, l’ha denunciata. Tornata un giorno a casa, Ania si è trovata davanti gli agenti di polizia ai quali, in preda al panico, ha consegnato il plico. Gli inquirenti sono così risaliti all’attivista, che è sotto indagine dal 2021.


Foto di copertina: Amnesty Polska/Twitter

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