Il primo question time di Meloni: «Sui migranti la nostra coscienza è a posto»

Il capo dell’esecutivo risponde a nove quesiti, provenienti sia dai banchi dell’opposizione sia da quelli della maggioranza

Nove domande, con risposta e replica dell’interrogante: è il primo question time che Giorgia Meloni affronta nelle vesti di presidente del Consiglio. Ribattezzato con gergo giornalistico “premier time“, la leader di Fratelli d’Italia vede anche il suo primo confronto diretto in Aula anche con la neo segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. Il primo a rivolgersi dai banchi dell’opposizione è Riccardo Magi, anche lui fresco di elezione alla segreteria di +Europa: interroga il capo dell’esecutivo sulla questione del salvataggio dei migranti, con riferimento specifico al naufragio avvenuto al largo delle coste libiche. «Finché ci saranno partenze su barche in pessime condizioni e con pessime condizioni meteo ci saranno perdite di vite – risponde Meloni -. Bisogna investire sulle rotte legali, ed è esattamente il lavoro che sta facendo il governo. La nostra coscienza è a posto, spero che chi attacca il governo ma non dice una parola sugli scafisti possa dire lo stesso».


Mentre è in corso il confronto tra Magi e Meloni, fa il suo ingresso in Aula Giuseppe Conte. Non sarà lui a intervenire per il Movimento 5 stelle, ma il capogruppo Francesco Silvestri. Comunque, sempre in risposta al deputato di + Europa, la leader di FdI si dice stupita da chi «per fini politici si finisca per mettere in discussione l’onore e l’operato di persone che rischiano la vita tutti i giorni per salvare vite umane e l’onore dell’Italia che da sola affronta questo dramma offrendo strumento a chi vuole continuare a scaricare tutto su di noi. Il tragico evento del naufragio della barca affondata, in cui purtroppo sono morti 30 dei 47 migranti, si è svolto in area Sar di responsabilità della Libia ed è stato inizialmente coordinato dalle autorità libiche. L’Italia ha poi assunto il coordinamento per l’impossibilità da parte delle autorità libiche di impiegare mezzi e su esplicita richieste delle stesse. L’Italia è intervenuta in acque che non erano di sua competenza», conclude Meloni.


Magi: «Capiamo il suo imbarazzo, visto che fino a poco tempo fa diceva che andavano affondate le navi ong»

Le sue spiegazioni non soddisfano Magi che, nella replica, attacca: «È ora di finirla con la farsa della Sar libica. Proprio perché non abbiamo mai voluto calunniare i servitori dello Stato della Guardia costiera va ricordato che a quelle latitudini la Guardia costiera ha effettuato salvataggi in passato. Allora cosa è cambiato, non nell’onore della Guardia costiera ma nelle politiche? – domanda Magi -. La Sar non è una indicazione di competenza e sovranità ma è una indicazione operativa. Se la Libia non è in grado di operare, allora l’onere di salvare vite ricade sull’Italia. I libici non sono in grado di operare salvataggi secondo gli standard internazionali. L’impostazione giusta non è quella che lei, in un assurda inversione di ruoli, ha detto quando ha chiesto “credete davvero che il governo abbia voluto fare annegare i naufraghi di Cutro?”. dobbiamo semmai chiederci “Abbiamo fatto tutto per salvare vite umane?”, rispettando la nostra Costituzione. Lei dovrebbe chiedere ai partner europei una operazione congiunta e lei avrebbe più credibilità per chiederlo se il governo operasse così. Capiamo il suo imbarazzo, visto che fino a poco tempo fa diceva che andavano affondate le navi ong. Ora abbassi la testa».

Bonelli: «Maggioranza prigioniera dell’ideologia del “no” alla modernizzazione»

«Nonostante la principale causa del cambiamento climatico, secondo la scienza, è data dalla combustione degli idrocarburi, il governo italiano invece di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, investendo nelle rinnovabili, vuole trasformare l’Italia in un hub del gas, spostando le forniture di gas da quelle russe a quelle algerine, egiziane, israeliane». Esordisce così il deputato di Alleanza verdi sinistra, Angelo Bonelli, nella sua interrogazione. Lo stesso governo si è opposto alla direttiva Epbd sul risparmio energetico delle case, senza dire come intenderà applicarla, e alla transizione del motore endotermico verso l’elettrico. Con tali politiche il governo va nella direzione opposta degli obiettivi climatici posti dalla Ue e dall’Onu». Meloni risponde chiarendo che gli italiani, alle elezioni dello scorso 25 settembre, «non hanno scelto un governo composto da pericolosi negazionisti climatici, semplicemente riteniamo che nel rispetto degli impegni internazionali assunti circa la riduzione delle emissioni climatiche si debba mantenere un approccio pragmatico e non ideologico». E spiega: «Sono due i principi che ci muovono. Sostenibilità ambientale, che mai deve essere disgiunta da sostenibilità economica e sociale, e poi, una volta definiti i target delle riduzioni delle emissioni, deve essere assicurata neutralità tecnologica».

Sulle case green, tema salito alle cronache in questi giorni per il voto favorevole espresso dal Parlamento europeo, la presidente del Consiglio chiarisce che la direttiva europea «a nostro avviso, ha obiettivi temporali che non raggiungibili per l’Italia, il cui patrimonio immobiliare è inserito in un contesto molto diverso da quello di altri Stati membri. L’azione negoziale italiana aveva consentito di rivedere le tempistiche di adeguamento delle prestazioni energetiche degli edifici, in modo da rendere il testo più graduale e meno stringente. Con il voto di ieri, il parlamento europeo ha ritenuto di inasprire ulteriormente il testo iniziale. Consideriamo questa scelta irragionevole e mossa da un approccio ideologico che impone al governo di continuare a battersi per difendere gli interessi dei cittadini». La leader di FdI interviene anche sul nucleare, dicendo che il governo si muoverà sulla questione solo dietro mandato esplicito del Parlamento. Bonelli, non convinto dalle risposte di Meloni, replica: «Siamo noi molto pragmatici. Voi siete prigionieri di una ideologia del no alla modernizzazione che riguarda il futuro delle generazioni che verranno».

Marattin: «Mes? Dal governo solo slogan, come in un reality show»

Dopo il leader dei verdi, interviene in Aula Luigi Marattin per il Terzo polo. Altro argomento scottante, il Mes: «Finché ci sarà un governo guidato da me, l’Italia non potrà mai accedere al Mes. E temo che non potranno accedere neanche gli altri», sostiene Meloni. La quale cita il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: «Bonomi, storicamente sostenitore del Mes, dice che se noi riteniamo che il nuovo regolamento del Mes non sia nell’interesse del Paese e non sia adeguato alle sfide, dovrebbe essere il momento di discutere come usarlo come uno strumento di politica industriale europea. Il tema è che l’Europa potrà affrontare le sue sfide se riesce a fare sistema e proiettarsi verso una politica di sviluppo comune, e la proposta di Confindustria viene presa seriamente in considerazione dal governo». Continua: «Gli strumenti si giudicano in relazione alla loro efficacia in un determinato contesto. Lo scorso novembre il governo ha ricevuto dal parlamento il mandato a non ratificare la riforma del Mes in assenza di un quadro chiaro regolatorio europeo in materia bancaria».

Meloni si chiede se «abbia senso ragionare su uno strumento alimentato con decine di miliardi che nessuno intende usare». E conclude sostenendo di voler impostare le discussioni future sulla governance europea e della possibilità che le risorse destinate al cosiddetto Fondo salva Stati possano essere davvero utili agli Stati che aderiscono. «Avete ridotto la politica ad uno show di quinta serie. Non c’entra nulla l’austerità – replica Marattin alle affermazioni di Meloni -. Il Mes nasce per aiutare uno stato quando questo perde l’accesso ai mercati e lo stesso avviene una banca, anziché lasciarla morire gli si forniscono prestiti». Quanto alle condizionalità stigmatizzate da Meloni «se uno ha un vizio che lo porta a morire, tu lo aiuti e non lo lasci morire, ma cerchi di togliergli il vizio che lo ha condotto sin lì. La verità è che chi le sta accanto – aggiunge Marattin, riferendosi a Matteo Salvini – alcuni anni fa ha detto che il Mes è una banca privata. Voi demonizzate le condizionalità e lei, presidente, dice prima tutto il resto poi il Mes, ma non si fa così. La verità è che avete ridotto la politica a un reality show in cui tutto è piegato allo slogan che vi piace di più».

Silvestri: «Meloni, non si offenda, ma non ha capito la domanda»

Dopo l’interrogazione da parte del suo stesso partito, Fratelli d’Italia, Meloni risponde alla domanda del deputato grillino Silvestri sul contributo bancario da chiedere alle banche in una situazione di difficoltà economica per le famiglie e imprese italiane. Attacca il superbonus edilizio che «gratuitamente», dice con sarcasmo, «ha causato distorsioni e ha portato alcuni soggetti a lucrare su improprie rendite di posizione». La risposta suscita subito reazione infastidita del 5 stelle: «Signor presidente, non si offenda, ma io credo che lei non abbia capito la domanda. Ma perché non toccate mai gli extraprofitti delle banche, delle grandi compagnie assicurative, energetiche, farmaceutiche? Perché lo so che molto più facile prendersela sempre con i percettori del reddito di cittadinanza, con i disoccupati, con le donne che volevano con opzione donna andare in pensione e non ce l’hanno fatta. So che le persone che stiamo tutelando non sono tutte i presidenti di Serie A a cui avete spalmato 800 milioni di euro». E ancora: «Meloni non ha contezza, interesse o sensibilità rispetto all’impatto che il rialzo dei tassi sui mutui sulla casa sta avendo sulla vita di famiglie, giovani coppie e lavoratori. E a dimostrarlo anche il taglio di fondi per 400 milioni per aiutare cittadini e studenti fuori sede a pagare l’affitto».

«Noi abbiamo una soluzione – conclude Silvestri -. Orendere i soldi dagli extraprofitti delle banche per istituire subito un fondo che aiuti i cittadini alle prese con l’aumento delle rate del mutuo. Si tratta di una soluzione semplice, che non va ricercata nel globo terracqueo – ironizza -. Naturalmente per attuarla ci vorrebbero volontà politica, coraggio e schiena dritta, ma per il governo è più facile prendersela sempre con i disoccupati, i percettori del reddito di cittadinanza, le donne che contavano di andare in pensione e i lavoratori e gli imprenditori dell’edilizia». Dopo Silvestri, è la volta delle interrogazioni di Noi moderati e Lega. Poi tocca a Schlein – qui l’approfondimento sul confronto tra la segretaria del Pd e Meloni -, la quale afferma: «Le chiedo di approvare subito un salario minimo e un congedo paritario». La presidente del Consiglio chiude al salario minimo, sostenendo che non sia la soluzione giusta per contrastare il fenomeno dei working poor, ma apre ai congedi parentali. Nella replica, Schlein incalza il governo, astraendosi in alcuni passaggi dal tema del salario minimo: «In cinque mesi avete dato prova di incapacità, approssimazione e insensibilità. Le emergenze per voi sono i rave, i condoni e colpire i figli delle famiglie lgbt. Rappresentate una destra ossessionata dall’immigrazione, ma che non vede l’emigrazione dei giovani italiani». Infine, il question time si conclude con l’interrogazione del capogruppo di Forza Italia, Alessandro Cattaneo.

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