Cosa c’è nel piano di pace della Cina per Russia e Ucraina: «Pechino non vuole che Putin perda la guerra»

Per Washington si tratta di un modo per aiutare Mosca. Zelensky vuole partecipare ai colloqui. L’esperto: rinforzerà i legami tra Russia e Cina

Un cessate il fuoco che apra la porta al dialogo. No all’uso di armi nucleari e agli attacchi alle centrali atomiche. E una tregua da far partire subito. Questi i punti principali della “Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi in Ucraina”. Fissati in un documento che oggi sembra più un tentativo di raggiungere una de-escalation rispetto a un vero piano di pace o a un’offerta di mediazione. Tanto che c’è chi dice che Pechino non cerchi la pace. Ma soltanto di evitare la caduta di Vladimir Putin. Ritenuto un junior partner affidabile. Mentre gli Usa bocciano la pace cinese. E dicono che un cessate il fuoco adesso favorirebbe i russi in difficoltà. Volodymyr Zelensky invece ha intenzione di vedere le carte in mano a Xi Jinping. Anche perché vuole conoscere la posizione di Pechino in merito alle rivendicazioni territoriali di Mosca.


12 punti per una pace

Al primo punto del piano c’è il rispetto di sovranità, indipendenza e integrità territoriale di tutti i Paesi secondo le leggi internazionali. Al secondo l’abbandono della mentalità della Guerra Fredda. Il cessate il fuoco e lo stop ai combattimenti fanno parte del terzo punto. È necessario «sostenere Russia e Ucraina affinché si incontrino». I colloqui e i negoziati, al quarto punto, sono «l’unica via d’uscita praticabile». Al quinto c’è la protezione dei civili e la creazione di corridoi umanitari per l’evacuazione dalle zone di guerra. Mentre al sesto punto c’è l’invito a «rispettare rigorosamente il diritto umanitario internazionale». Al settimo e all’ottavo punto ci sono il mantenimento della sicurezza delle centrali nucleari (no agli attacchi armati e sì al ruolo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica) e il rigetto delle armi nucleari (non possono essere usate e la guerra nucleare non può essere combattuta). Le garanzie per l’export di cereali sono il nono punto. Al decimo, stop alle sanzioni unilaterali. All’undicesimo punto, l’appello per «la stabilità delle filiere industriali e di approvvigionamento». A tutela dell’economia globale. Infine, l’invito a promuovere la ricostruzione postbellica.


Cosa c’è che non va

Durante l’incontro di ieri lo Zar ha elogiato il documento stilato da Pechino su quella che continua a chiamare «operazione militare speciale». La linea di Xi è quella di ritagliarsi il ruolo di parte neutrale. Ma Washington ha avvertito il mondo di non lasciarsi fuorviare dalle mosse di Pechino, che potrebbero essere una «tattica di temporeggiamento» per aiutare Mosca. Zelensky invece ha spiegato che sarebbe favorevole a colloqui con Xi. Anche se non è ancora chiara l’intenzione del leader cinese. Kiev ha dichiarato di aspettarsi che Xi usi l’influenza di Pechino per perorare la fine dell’offensiva di Mosca in Ucraina. E di seguire «da vicino» la visita. Per Washington, spiega oggi La Stampa, c’è anche qualcosa in più. Deporre le armi adesso, dicono fonti americane al quotidiano, significherebbe «congelare il conflitto e trasformare l’Ucraina in un luogo di tensioni». Un cessate il fuoco consentirebbe alla Russia di riorganizzare le truppe.

Il territorio

Rispetto al momento della sua massima espansione nel territorio ucraino la Russia infatti ha perso il 50% delle conquiste. La battaglia a Bakhmut non si è ancora conclusa, la città non è ancora caduta. L’auspicio degli Usa è invece che Xi convinca Putin a smetterla con i bombardamenti dei civili. Intanto è arrivato il via libera a stelle e strisce a un nuovo pacchetto di armi. Si tratta principalmente di munizioni per gli Himars. Zelensky ha ringraziato Biden per il supporto contro l’aggressione. Washington non ha ancora tolto dal tavolo l’ipotesi che Pechino fornisca armi a Mosca. Anche se finora non ci sono evidenze. Ma c’è di più. Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino che ha lavorato al Cremlino nella fase “riformista“ del presidente Medvedev, dice oggi al Resto del Carlino che il colloquio tra Putin e Xi è solo un gioco tra le parti. «Se qualcuno pensava che Xi venisse a Mosca per fare pressione su Putin per spingerlo alla pace, si sbagliava», sostiene.

Un viaggio furbo

Il viaggio è servito «per confermare che la relazione strategica con la Russia è solida. Per questo è venuto a Mosca nel bel mezzo di una guerra per mostrare che Pechino sta sostanzialmente con Putin. Ma doveva anche controbilanciare questa scelta di campo dando l’impressione al mondo che è portatore di una proposta sulle trattative di pace in Ucraina e rafforzare la propria narrativa della Cina come potenza globale responsabile. Per questo Xi probabilmente chiamerà anche Zelensky. Putin da parte sua gli ha dato spago, dicendo che esaminerà con attenzione le proposte cinesi per mettere fine alla guerra. Ma Xi sa che sono parole». Ma è difficile che la Cina assuma una posizione più equidistante. Perché «Pechino non ha un interesse strategico. E poi Kiev e Mosca sono chilometri lontane una dall’altra su quel che ognuna vede come un accettabile piattaforma di dialogo. Le parti si confronteranno sul campo, dove entrambe pensano di poter prevalere, e lo spazio per un dialogo si presenterà non prima del prossimo autunno. Sino ad allora la Cina reciterà la sua parte, dirà ’abbiamo presentato un nostro piano, abbiamo parlato con Putin e su Zelensky, abbiamo fatto il nostro meglio’. Manterrà un simulacro di trattativa. Dopo l’autunno, se ci sarà ancora una situazione di stasi, vedremo». Perché «una cosa è certa. Pechino non vuole che Putin perda questa guerra».

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