Il metropolita di Kiev e la sciarpa di Louis Vuitton, chi è “Pasha Mercedes” finito agli arresti domiciliari

Le accuse riguardano la «collaborazione con la Russia e incitamento interreligioso», in quanto avrebbe «maledetto il presidente Zelensky»

«Niente di strano, solo ‘Pasha Mercedes’ con una sciarpa Louis Vuitton». Con queste parole il sito di notizie indipendente bielorusso Nexta commenta ironicamente una foto che ritrae il metropolita e vicario del monastero di Kiev “Pershersk Lavra” Pavel, destinatario della feroce ironia della testata a causa del suo gusto per il lusso. L’immagine immortala il momento in cui il metropolita parla con i fedeli e i giornalisti prima di essere portato da agenti dei servizi ucraini davanti al magistrato per l’interrogatorio. Lui stesso, infatti, ha riferito di aver ricevuto questa mattina un mandato di perquisizione da parte delle autorità ucraine. E successivamente ha annunciato di esser stato messo agli arresti domiciliari, anche se al momento la notizia non ha ancora avuto una conferma ufficiale. «Ora la mia casa sarà perquisita», ha affermato. Aggiungendo di essere accusato di «collaborazione con la Russia e incitamento interreligioso», in quanto avrebbe «maledetto il presidente Zelensky» per una una sua citazione di versi del Vangelo. Il servizio stampa della Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca ha in precedenza confermato che il metropolita è stato convocato per un interrogatorio.


Le accuse

La procura generale di Kiev su Telegram, citata da Unian, ha riservato parole durissime al metropolita, a loro dire colpevole di aver «offeso i sentimenti religiosi degli ucraini» e di aver «giustificato l’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina». Il sospetto, in particolare, riguarda quella che definiscono la «violazione dell’uguaglianza dei cittadini a seconda della loro razza, nazionalità, appartenenza regionale, credenze religiose, e la giustificazione-negazione dell’aggressione armata della Federazione Russa contro l’Ucraina e glorificazione dei suoi partecipanti». «Secondo le indagini, il religioso nei suoi discorsi ha ripetutamente insultato i sentimenti religiosi degli ucraini, sminuito le opinioni dei credenti di altre fedi e ha cercato di creare atteggiamenti ostili nei loro confronti», conclude l’accusa. Pavel per il momento ha respinto le accuse dei servizi ucraini (Sbu), ribadendo di essere «contro l’aggressione» ma senza menzionare esplicitamente la Russia: «Non ho fatto nulla per essere accusato. Questo è un caso politico. Non sono mai stato dalla parte dell’aggressione. Sono contro l’aggressione. E ora mi trovo in Ucraina. Questa è la mia terra».


Lo strappo tra chiesa russa e ortodossia ucraina

Quello di oggi è un nuovo round del conflitto intorno alla Pechersk Lavra di Kiev. L’ortodossia ucraina ha tagliato i rapporti con Mosca e ha dichiarato la sua piena indipendenza dalla chiesa russa. Il 29 marzo avrebbe dovuto essere l’ultimo giorno per il clero della Chiesa ortodossa ucraina filo-russa per lasciare lo storico complesso monastico rupestre. La Pechersk Lavra di Kiev ospita un ramo del cristianesimo ortodosso in Ucraina che è tradizionalmente fedele al patriarca Kirill, leader della chiesa russa. Il quale si è dimostrato uno stretto alleato del presidente Vladimir Putin ed è accusato di essere sostenitore della guerra contro l’Ucraina. Per questo ai monaci è stato ordinato di lasciare il monastero, mentre da giorni i fedeli di rito russo stazionano davanti all’edificio religioso. Intanto il ministero della Cultura di Kiev ha intentato una causa contro la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca (Uoc-Mp) per non aver permesso alla commissione ministeriale di prendere possesso del Monastero delle Grotte nella capitale.

Foto copertina: NEXTA su Twitter

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