Il fratello di Emanuela Orlandi dopo 5 ore in Vaticano: «Ora saltino fuori i dossier: ci sono persone ancora vive che possono aiutare»

Pietro Orlandi, a quasi 40 anni dalla scomparsa della sorella allora 15enne, è stato convocato dal promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi

La speranza che possa davvero esserci una svolta, a quasi 40 anni da quel 12 giugno 1983 in cui Emanuela Orlandi scomparve, è solo sussurrata. Di soffiate, dritte, delusioni, colpi di scene e vicoli ciechi in questi quattro decenni ce ne sono stati tanti. Ma la famiglia non ha mai smesso di cercare la verità e ora il Vaticano ha riaperto le indagini sulla vicenda su spinta di Papa Francesco. Al centro della nuova inchiesta ci sono una serie di messaggi su Whatsapp, i documenti di Vatileaks 2 e i dossier sulla scrivania di Ratzinger. Oggi, quando il fratello di Emanuela Pietro Orlandi è entrato in Vaticano su convocazione del promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, la sensazione era che si stesse facendo un passo in avanti. Come conferma anche la legale di Pietro, Laura Sgrò: «Abbiamo depositato una memoria, il Pm sta facendo il suo lavoro, credo che siano in una fase di approfondimento di questa memoria e della documentazione rilasciata in precedenza». Iniziato intorno alle 15, dopo più di 5 ore il colloquio ancora prosegue. Diddi ha sentito Pietro Orlandi in qualità di testimone, per questo il suo avvocato non era presente.


I dossier impolverati

Sgrò ha sottolineato il passo in avanti di questi giorni, la novità che spinge a essere un po’ più ottimisti. «Oggi ho letto della volontà del promotore di voler collaborare anche con la giustizia italiana e questa è storia», spiega l’avvocata, «sarebbe la prima volta nella storia italiana in cui il Vaticano e l’Italia, avvalendosi del Concordato, davvero in uno scambio reciproco possano mettere a disposizione l’uno dell’altro gli elementi che hanno a disposizione, per Emanuela, per questa famiglia nonostante siano passati 40 anni». La famiglia ha depositato una memoria in cui è raccolto tutto il lavoro di indagine difensiva di questi anni. E pone attenzione su un dettaglio: «Questa mattina abbiamo letto pure che avrebbe trovato delle carte impolverate e questa cosa è bella visto che fino a questo momento il Vaticano ha sempre detto di non avere fascicoli e incartamenti quindi siamo fiduciosi nelle carte impolverate. Sicuramente ha a disposizione degli archivi cui noi non abbiamo mai avuto accesso, quindi l’augurio è che questi ventilati dossier di cui si parla da molti anni di fatto possano saltare fuori». Ma non solo. Oltre alle nuove carte e i documenti a cui ha accesso solo la magistratura vaticana, potrebbero esserci altri sviluppi se, chi è ancora in vita, venisse convocato dal promotore Diddi. «Di fatto ci sono delle persone ancora vive che possono dare il loro contributo, anche questo è molto importante», assicura Sgrò, «il pm Vaticano ha giurisdizione soltanto in questo fazzoletto di terra, e qui la procura di Roma non è mai riuscita ad accedere».


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