«In caso di truffa per phishing, la banca non deve risarcire il cliente», la sentenza della Cassazione

La sentenza della Corte garantisce uno scudo agli istituti di credito di fronte alle richieste di risarcimento danni da parte dei correntisti truffati con tecniche di phishing

Se un cliente viene truffato con il phishing, la responsabilità è sua e non della banca. Lo ha stabilito oggi la corte di Cassazione, con sentenza n. 7214, introducendo di fatto un principio che garantisce uno scudo agli istituto di credito di fronte alle richieste di risarcimento danni portate avanti dai correntisti truffati online. Il caso specifico su cui si è espressa la Cassazione riguarda una sentenza della corte d’appello di Palermo. Un uomo aveva fatto causa alla banca dopo essere stato costretto a disconoscere un bonifico fatto da un truffatore che si era impossessato del controllo del suo conto. In primo grado, il tribunale del capoluogo siciliano aveva condannato la banca a rimborsare al titolare del conto corrente la somma che era stata sottratta in modo fraudolento, ritenendo che l’istituto di credito non avesse adottato tutte le misure di sicurezza idonee a prevenire il danno. Una sentenza ribaltata dalla corte d’appello di Palermo e confermata ora anche dalla Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso ed escluso la responsabilità della banca.


Il phishing

La Treccani definisce il phishing come «il tentativo di impadronirsi illegalmente dei dati personali di un utente, e di altre utili informazioni (numeri di conto corrente e di carta di credito, codici di sicurezza per l’accesso a banche dati, ecc.), generalmente al fine di derubarlo». Proprio oggi, l’Osservatorio Crif ha inserito l’Italia al 14esimo posto nel mondo tra i Paesi più colpiti da furti di credenziali delle carte di credito. Secondo il report, il maggior numero di persone che ha subito attacchi hacker di questo genere vive nel Lazio (21,1%). Segue la Lombardia con il 14%.


Leggi anche: