La storia di Filippo, il bimbo che vive con il cuore artificiale nel carrello: dopo 4 mesi libero di uscire dal reparto

Il dispositivo adottato per la prima volta in Italia dal Sant’Orsola si chiama “Driving Unit Excor”: grazie ai suoi 9 chili di peso e la lunga durata rende autonomo il piccolo

Un cuore artificiale (più leggero) trasportabile. È ciò che ha permesso a Filippo – nome di fantasia – di uscire dal reparto di Cardio Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna dopo 120 giorni di ricovero. «Filippo ha 6 anni e un paio di scarpe che si illuminano quando cammina. Oggi per la prima le ha portate fuori dal reparto, che è stata casa sua dallo scorso 25 dicembre quando è stato necessario attaccarlo a un cuore artificiale», recita il comunicato dell’ospedale del capoluogo emiliano. «Oggi siamo andati al bar a fare colazione assieme Filippo, io e il suo papà», racconta la mamma del piccolo. «Momenti familiari che per i più sono banali ma che per noi sono straordinari. La prima cosa che Filippo ha detto uscendo dal reparto è stato wow! È bellissimo vederlo autonomo e indipendente, finalmente il bambino di 6 anni che è», conclude.


Il dispositivo “Driving Unit Excor”

Filippo ha ricevuto due giorni fa la sua driving unit Excor: un dispositivo adottato per la prima volta in Italia dalla struttura bolognese: uno strumento salvavita che sostituisce completamente il cuore grazie alla pompa meccanica che simula le funzioni cardiache. «I nuovi cuori artificiali – osservano dal Sant’Orsola – sono molto più leggeri, passando dai 90 chilogrammi dei vecchi modelli agli attuali 9 e ha una batteria con un’autonomia di 7 ore che raddoppia grazie alla riserva». In questo modo, «grazie ad un semplice carrellino – si legge nella nota – i bambini sono autonomi e indipendenti». Filippo è uno dei cinque bambini attualmente ricoverati, nel reparto di Cardiochirurgia pediatrica del policlinico diretto dal professor Gaetano Gargiulo, «con patologie complesse che richiedono l’utilizzo di un cuore artificiale e che riceveranno il nuovo dispositivo». L’investimento è di circa 90mila euro all’anno per ogni paziente.


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