FdI, i post neonazisti del candidato al Comune di Lavello: «Hilter contribuì alla derattizzazione, gli immigrati li spedirei ai forni»

Segretario del partito di Meloni nel paese del Potentino, sostiene che i suoi pensieri social siano ironici e servano a rispondere a chi lo accusa di razzismo

Se cercate il suo profilo su Instagram, dovete digitare «fascio1975». Su Facebook compaiono selfie con Giorgia Meloni, fiamme tricolore a gogo, il cartello di Predappio, dove riposa «uno statista, un uomo, un condottiero, un padre della patria». Non farete difficoltà a imbattervi in apologie di Benito Mussolini e Adolf Hitler, che secondo l’esponente di Fratelli d’Italia ha dato inizio «alla grande derattizzazione» contro «l’artiglio della grande usura della banca ebraica». L’autore di tutto ciò si chiama Antonio Di Vietri, segretario cittadino del partito di Meloni nel Comune di Lavello. Nel paese di 13 mila abitanti, in provincia di Potenza, il 14 e il 15 maggio si voterà per il rinnovo del Consiglio comunale. E Di Vietri è candidato nella lista a supporto di Pasquale Carnevale, anche lui di FdI. Dal passato digitale, riemergono una serie di post antisemiti e razzisti. Come quello in cui augura il forno crematorio per gli immigrati: «Sono razzista, sono patriota, sono nazionalsocialista, sono fascista, sono nazista, sono stanco di vedere tante ingiustizie nei confronti degli italiani. Fuori dalle balle gente di merda. Infangano il nostro Bel Paese. Parassiti, pidocchioni, ladri, assassini, stupratori, ubriaconi, siete la feccia del genere umano. Un solo posto è adatto per voi ed è molto caldo».


Un post che risale al 21 novembre 2014. Nel frattempo, non ha pensato di togliere la scritta «fascio» dal suo profilo di Instagram, dal quale ha pubblicato a favore di Meloni fino alle elezioni dello scorso settembre. L’elogio di Mussolini all’ingresso di Predappio, invece, è di novembre 2018. Lui oggi si giustifica, sostenendo che si tratta di post ironici scritti per rispondere con delle iperboli a chi lo accusa di essere fascista. O ancora, parla di meri «riferimenti storici». Scuse traballanti, forse è il caso di definirle imbarazzanti, alla luce dei ragionamenti che già un decennio fa Di Vietri lanciava sulla sua bacheca Facebook: «30 gennaio 1933. Ottant’anni fa Adolf Hitler diveniva cancelliere del Reich. Quella stessa sera, le sue truppe d’assalto sfilarono in parata alla luce delle torce. La Germania tornava a essere libera! In quel giorno, dalle centrali dell’Alta Banca ebraica, disseminate ovunque, si alzò un urlo di disperazione: decine di milioni di tedeschi erano state liberate dall’artiglio della Grande Usura. Da allora in poi non sarebbe stato più possibile creare moneta dalla moneta, cioè “credito” dal debito. Da allora in poi, piccoli e grandi parassiti dei lavoratori e dei pensionati tedeschi avrebbero cominciato a sciamare fuori dalla rinata Germana. Era iniziata la grande derattizzazione». Se questa è ironia…


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