Renzi annuncia gli ingressi di Gruppioni e Pigoni in Italia Viva. Calenda: «È uno scippo»

Protesta il leader di Azione: «Mentre noi eravamo in giro a sostenere le liste per le amministrative, Matteo era impegnato in queste faccende»

C’è anche il senatore Enrico Borghi, passato dal Partito democratico a Italia Viva, seduto nella saletta dell’hotel Bernini per ascoltare la conferenza stampa di Matteo Renzi. Oggi, 16 maggio, l’ex presidente del Consiglio si fa forte di un altro ingresso nel suo gruppo, questa volta ai danni di Azione: Naike Gruppioni lascia Carlo Calenda per seguire colui che definisce «risorsa indispensabile per la riuscita di un centro riformista e liberal-democratico». Non l’ha presa bene il leader di Azione: «Una comunicazione preventiva sarebbe stata più elegante», scrive Calenda sui social. «Ma immagino che l’uscita a sorpresa fosse parte dell’accordo di ingaggio. Questa vicenda, altrimenti irrilevante, spiega bene la distanza nei comportamenti con Renzi. Mentre noi eravamo impegnati in giro per l’Italia a sostenere le liste, spesso fatte insieme, per le amministrative lui era in queste faccende affaccendato. Buona strada».


La presentazione della deputata e della consigliera regionale

La conferenza stampa di Renzi inizia con qualche minuto di ritardo: «Diamo il benvenuto a due donne che hanno una passione e una competenza da offrire alla politica italiana, Naike Gruppioni e Giulia Pigoni», quest’ultima consigliere regionale in Emilia-Romagna. Entrambe siedono ai lati del senatore toscano. «Offriamo una casa a tutti quelli che non si vogliono arrendere al melonismo e allo schleinismo». Renzi passa poi a una breve descrizione delle due neo-iscritte: «Naike è stata eletta nelle file del Terzo polo a settembre 2022. Lo ribadisco perché noi crediamo in quel progetto. Dice che il suo armocromista le ha consigliato il colore blu, perché le piace stare tra le imprese, nelle fabbriche. Spero che nei prossimi mesi sia in prima fila con noi per incalzare il governo con proposte relative a industria e lavoro. Questi temi fanno meno notizia dei rave party o dei pos, ma su questi temi insisteremo girando per l’Italia». Riguardo a Pigoni, afferma: «Giulia la ricordo da bambina quando intervenne a una Leopolda. Abbiamo bisogno dell’entusiasmo, del radicamento sul territorio che Pigoni ha mostrato. È stata eletta nella lista di Bonaccini in Emilia-Romagna, e noi in Emilia-Romagna sosteniamo Stefano Bonaccini in regione».


Il botta e risposta con la stampa

Prima di lasciare la parola ai giornalisti, Renzi ribadisce la sua posizione sul percorso del Terzo polo. Ritiene che si debba ancora lavorare per aggregare le forze centriste in un’unica formazione centrista: «Speriamo che possa riprendere il percorso unitario che si è interrotto qualche settimana fa con il territorio». Assicura che non ci saranno manovre di scissione nei gruppi parlamentari: «Per noi non c’è motivo di dividere i gruppi. Vorrei segnalare a chi pone il tema del portarsi via parlamentari a vicenda che Azione annunciò, il giorno dopo la rottura del Terzo polo, il passaggio di alcuni dei nostri con loro. Noi non abbiamo fatto alcuna polemica. Le distanze che ci sono tra di noi sono incommensurabilmente meno grandi di quelle che ci sono con i massimalisti e i sovranisti. Guardando alle Europee, si va senza alleanze. C’è il proporzionale secco, meglio di così. Noi cercheremo di coinvolgere tutti nella cornice di Renew Europe, che è la nostra cornice europea di riferimento. Chi vuole rompere rispetto alla famiglia europea lo dica. Noi, invece, ci siamo».

«Il ballottaggio deve restare al 50%»

«La nostra ambizione è macroniana: dal centro, andare noi al ballottaggio, come Emmanuel Macron riuscì a fare nel 2017. Macron ha vinto due volte, dal centro, in una competizione con il ballottaggio. Non pensiamo, però, che la soluzione sia il ballottaggio al 40%». Renzi fa autoironia con il suo miglior risultato elettorale e con la sua peggiore sconfitta nelle urne: «A me sta simpatico il ballottaggio al 40%. Se fosse stato in vigore, avrei stravinto alle Europee e a anche al famoso referendum del 2016. Lo dico con affetto nei confronti dei siciliani – la cui legge regionale abbassa la soglia delle tornate amministrative al 40% -, ma per me il ballottaggio deve restare al 50% più uno». Guardando al secondo turno del 28 e del 29 maggio, il senatore aggiunge: «Il ballottaggio è una bestia strana. Si riparte dallo zero a zero. Io suggerisco ai candidati di non andare a cercare la questua del voto grillino, perché credo che si corra il rischio di perdere più voti di quelli che si possano prendere senza di loro, anche perché si va a imparentarsi con liste 5 stelle che hanno appena il 2%». Tuttavia, Renzi preferisce non entrare nella questione specifica del ballottaggio di Ancona, unico capoluogo di regione che rinnova il suo Consiglio comunale in questa tornata. «Lascio che decidano i ragazzi del territorio». E conclude sul tema con una battuta riguardo al ballottaggio a Pisa, dove il candidato sindaco del centrodestra non ha superato la soglia del 50% per una manciata di voti: «Michele Conti vince il premio sfiga 2023».

Questione Rai

«Io da premier non ho toccato Luigi Gubitosi. Non l’ho mai incontrato». E rivendica che quando era lui al governo ha lasciato mani libere al servizio pubblico: «Abbiamo fatto una campagna di legge per dare potere all’amministratore delegato, ma poi non abbiamo dato ordini all’ad». Racconta un esempio: «Quando Giovanni Floris se ne andò a La7, fu scelto al suo posto Massimo Giannini. Silvio Berlusconi, in uno degli incontri del Patto del Nazareno, mi disse “Giannini ti odia”. Io gli risposi che non volevo mettere bocca». Cosa avrebbe fatto Renzi al posto di Giorgia Meloni in questa fase? «Non avrei anticipato il cambio. Avrebbe dimostrato di avere più stile se avesse aspettato la normale decadenza del ruolo. Dopodiché, è stato un passaggio legittimo. Con la stampella del Movimento 5 stelle. C’è chi di notte fa le trattative e di giorno fa l’immacolato. Insomma, Giuseppe Conte immacolato non me lo vedo benissimo».

L’addio di Fabio Fazio

Renzi si addentra nel tema dell’addio di Fabio Fazio: «La scelta di non rinnovare il contratto a Fazio è una scelta fatta da Fuortes. Non c’è un’espulsione o una censura. Io non avrei tolto Fuortes se fossi stato presidente del Consiglio. Se fossi stato Fuortes avrei rinnovato il contratto a Fazio perché era un valore aggiunto per la Rai. Dopodiché, nessuna censura, nessun editto bulgaro. A Floris scadeva il contratto, nessuno mise un veto alla conferma, ma fu lui ad accettare un ottimo contratto da Cairo. Raccontare che Fazio è andato via perché gli è stata messa la censura non è corretto. È il festival dell’ipocrisia: la responsabilità è in capo alla Rai. I 5 stelle che si lamentano e poi fanno le trattative di notte. Le star della tv che dicono che sono state cacciate e poi siglano contratti milionari con altre emittenti. Che la Rai scelga un bel successore e che la politica non ci metta bocca. Ma su questo, ho dubbi che il centrodestra lascerà fare». Infine, lancia un’ultima freccia a Conte, ricordando le ingerenze del Movimento 5 stelle sulla Rai e sui media durante il governo gialloverde: «Rocco Casalino mandava le immagini da Palazzo Chigi. Non prendiamoci in giro. Il Tg1 a guida grillina era una cosa totalmente politicizzata».

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