Mai stati sulla Luna? Corrado Malanga e i falsi miti smontati da decenni

Ripassiamo tre tormentoni complottisti sulle missioni Apollo

Corrado Malanga è un personaggio noto agli appassionati di teorie alternative che sfociano nell’ufologia, ma si è cimentato anche in altre branche del complottismo. Stavolta per esempio, nelle condivisioni Facebook, l’ex ricercatore dell’Università di Pisa parla in un’intervista della presunta impossibilità delle missioni Apollo che hanno portato l’essere umano sulla Luna. Si tratta di congetture. Lo stesso Malanga sostiene di esprimere solo delle «opinioni», che per definizione non necessitano alcuna fonte a supporto. Ma siccome vengono ripetuti i soliti falsi miti ne approfittiamo per un veloce ripasso.

Per chi ha fretta:

  • Durante una recente intervista Corrado Malanga rispolvera tre tormentoni del complottismo sugli allunaggi: foto truccate, modulo lunare inadeguato, fasce di Van Allen invalicabili.
  • In realtà da decenni tutte le presunte anomalie nelle foto e nei filmati sono state spiegate con le leggi fisiche e dell’ottica.
  • Il modulo lunare è stato testato con successo, basta non soffermarsi ai soli fallimenti, che sono parte integrante del progresso compiuto nella ricerca aerospaziale.
  • Quello delle fasce di Van Allen invalicabili è un falso mito. Basta usare degli accorgimenti di rotta per evitare di mettere in pericolo la vita degli astronauti.
  • Lo stesso Malanga afferma che le sue sono opinioni e non presenta alcuna fonte chiara a sostegno.

Analisi

Malanga esordisce insinuando che le foto degli allunaggi fossero truccate. Le tesi riguardanti questo aspetto dei complotti lunari si focalizzano generalmente su due punti: le presunte ombre «anomale» e le luci considerate «errate».

Foto truccate?

Come avevamo spiegato in una precedente analisi, ormai si tratta di mere chiacchiere da bar. Le ombre che si osservano sulle foto delle missioni Apollo spesso non appaiono parallele. I teorici del complotto hanno ipotizzato dunque che ci fossero i riflettori di uno studio di posa. Qualcuno sostiene persino la complicità di Stanley Kubrick, altro filone narrativo di cui avevamo trattato qui e qui. Tuttavia, questo fenomeno non è affatto anomalo. Dipende esclusivamente da un effetto di prospettiva causato dalla mancanza di atmosfera. Senza un’atmosfera, infatti, è difficile valutare le distanze e le dimensioni reali del paesaggio lunare, il che contribuisce ad arricchire l’effetto ottico. Inoltre, ci sono altre presunte anomalie sulla Luna che potrebbero essere dovute alla natura del terreno o alla scarsa qualità delle immagini utilizzate. Molte di queste infatti, sono solo copie di copie delle originali. Sebbene le ombre sulla Luna siano state oggetto di molte teorie e speculazioni, è possibile approfondire ulteriormente l’argomento consultando il blog di Paolo Attivissimo Complottilunari.

Negli ambienti cospirazionisti si sostiene inoltre, che in alcune situazioni gli oggetti e gli astronauti posizionati in zone d’ombra sulla Luna appaiano in modo sorprendentemente chiaro, il che secondo loro sarebbe un’indicazione della presenza di riflettori cinematografici. Tuttavia, questa teoria è infondata. La superficie lunare riflette ampiamente la luce del Sole, rendendola una fonte di luce aggiuntiva molto potente, il che spiega perché gli oggetti e gli astronauti possano apparire più chiari di quanto ci si aspetterebbe. I fotografi che lavorano sulla Terra potrebbero facilmente fraintendere questa situazione e commettere errori di valutazione, soprattutto a causa delle differenze tra le condizioni di illuminazione sulla Terra e sulla Luna.

Fonte: NASA | Buzz Aldrin sulla scaletta del modulo lunare (Lem).

Modulo lunare mai testato con successo?

Secondo Malanga il LEM (o LM), ovvero il modulo utilizzato dagli astronauti per allunare (che lui definisce «una scatoletta di tonno») non avrebbe «mai superato un test il volo». In realtà vennero testati cinque simulatori per un totale di 792 voli conclusisi senza gravi intoppi. Tutti ricordano lo schianto di Neil Armstrong a bordo di un simulatore, ma fu dovuto a un guasto, non a una presunta instabilità. Quando Malanga parla di «scatoletta di tonno» sembra insinuare all’aspetto superficiale del veicolo, che fa pensare a una struttura fatta di carta stagnola.

La “carta stagnola” era solo il suo rivestimento termico: sotto c’era una struttura in titanio. Grazie a questa coperta termica multistrato – spiega Paolo Attivissimo nella sua guida Luna? Sì, ci siamo andati! -, il LM poteva stare sulla Luna con un lato al sole e uno all’ombra senza surriscaldarsi o congelarsi. Questo rivestimento può farlo sembrare fragile, ma in realtà era più protetto dagli sbalzi di temperatura rispetto al resto del veicolo Apollo.

Le fasce di Van Allen sono un ostacolo invalicabile?

La terza principale “argomentazione” di Malanga rispolvera l’argomento altrettanto trito e ritrito dell’impossibilità da parte delle missioni Apollo di superare le Fasce di Van Allen. Si tratta di uno dei principali tormentoni complottisti. Sono costituite da particelle cariche presenti nella magnetosfera le cui problematiche furono già affrontate e superate durante la missione Apollo 8. Da ormai cinquant’anni esistono risposte esaustive alle ansie dei complottiste sulle “terribili” fasce di Van Allen. Certamente sarebbe molto rischioso attraversarle a basse velocità e senza accorgimenti di rotta. Tutto questo è stato facilmente aggirato durante le missioni Apollo.

Conclusioni

Contrariamente a quanto farebbe pensare il modo in cui è stata condivisa l’intervista a Malanga, è lui stesso a presentare le sue affermazioni sui complotti lunari come delle opinioni. Infatti non fa altro che elencare una serie di argomentazioni già abbondantemente smentite da decenni.

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