Alessia Pifferi, i giudici di Milano respingono la richiesta della 37enne di andare sulla tomba della figlia Diana

La donna è imputata di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione per aver lasciato morire di stenti la piccola di un anno e mezzo lo scorso luglio

La Corte di Assise di Milano ha respinto la richiesta di Alessia Pifferi – la 37enne accusata di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione per aver lasciato morire di stenti la figlia di un anno e mezzo – di allontanarsi temporaneamente dal carcere per andare sulla tomba della piccola Diana. Per i giudici, che si sono espressi dopo il parere contrario formulato anche dai pm Stagnaro e De Tommasi, quel genere di istanza presentata dalla difesa della donna non rientra nella normativa prevista dall’art. 30 dell’ordinamento penitenziario. Nell’udienza del processo, che si sta celebrando davanti alla Corte milanese, lo scorso 16 maggio erano entrate le valutazioni degli specialisti del carcere di San Vittore sullo stato mentale di Alessia Pifferi. Nella relazione conclusiva era emerso come la donna soffrisse di «un gravissimo ritardo mentale» pari «a un quoziente intellettivo di una bambina 6-7 anni». Tale report, redatto dagli specialisti dell’istituto del capoluogo lombardo, ha portato il difensore di Pifferi, Alessia Pontenani, a denunciare come sia stata «messa una bambina nelle mani di un’altra bambina». A seguito di diversi scontri e polemiche, la Corte d’Assise di Milano si è riservata poi di disporre una perizia sulle condizioni psichiche della donna. Secondo la Procura, invece, la 37enne ha agito «con lucidità», depositando ai giudici anche l’audio e il video del primo interrogatorio della sera del 20 luglio in Questura, dove appariva come una persona «orientata, capace di descrivere nel dettaglio, senza far trasparire particolari emozioni, poco dopo il ritrovamento del corpo di Diana».


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