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Condannato a morte per i meme “blasfemi” su Maometto in chat, il caso del 24enne cristiano in Pakistan

Ci ha messo cinque mesi il giudice pakistano per emettere la sentenza sul ragazzo pakistano che ha ricevuto le vignette da un amico musulmano. Anche lui rischia la stessa condanna

È stato condannato a morte per un meme su Whatsapp considerato blasfemo in Pakistan Nouman Asghar, 24enne cristiano della città di Bahawalpur, nel Punjab. Come riferisce l’agenzia Fides, il ragazzo era stato arrestato nel 2019 con l’accusa di vilipendio verso il profeta Maometto, per quella vignetta satirica ricevuta da un amico musulmano in chat. Accuse respinte dai famigliari del ragazzo e dal suo avvocato Aneeqa Maria Anthony, della Ong “The Voice”: «il magistrato ha ignorato tutte le procedure e ha ignorato tutte le prove a favore dell’imputato». Sul caso è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha fatto un appello al governo del Pakistan per garantire al ragazzo «un processo giusto e che venga rivista la sentenza».

La vicenda era partita nel 2019 con l’arresto sia di Nouman Asghar che dell’amico che gli aveva inviato alcuni messaggi in chat con vignette e meme considerati blasfemi dalla polizia pakistana. Il processo per il 24enne cristiano si era concluso a gennaio scorso, ma solo dopo cinque mesi il giudice distrettuale nel tribunale di primo grado a Bahawalpur ha emesso la sentenza pubblicata oggi 30 maggio. Secondo l’avvocato che difende il ragazzo cristiano, anche il suo amico musulmano rischia la condanna a morte: «Sono stati arrestati per un gioco tra adolescenti. Le loro famiglie stanno soffrendo molto. Il nostro team legale di The Voice sta mettendo tutto l’impegno necessario a garantire loro giustizia, aiutando le loro famiglie e restando al loro fianco in questi tempi bui e difficili». Secondo i legali, i due giovani, Mushtaq e Asghar, hanno ricevuto il meme blasfemo sui loro smartphone da Bilal Ahmad, giovane musulmano, ma la polizia non ha intrapreso alcuna azione contro Ahmad, che era il mittente dell’immagine blasfema. Per l’avvocato è «un altro esempio di uso improprio delle leggi sulla blasfemia».

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