Renato Zero e la storia della raccomandazione a Ultimo: «Macché, quella è l’Italia dei mezzucci»

Il cantautore: «L’Italia brilla di geni e grandi figure»

Ultimo raccomandato da Renato Zero? Macché. A mettere a tacere le voci è proprio l’artista romano: «L’Italia brilla di geni e grandi figure, ma si perde dietro alla raccomandazione, ai mezzucci per guadagnare un posto in classifica. La forza di noi artisti è guadagnarci il pane, convincendo gli altri a sceglierci. Per questo a Ultimo ho detto: “Non ti farei un favore ad aiutarti e non me lo farei nemmeno io”». Renato Zero, in un’intervista al Corriere della Sera, racconta come ha conosciuto Niccolò Morriconi che in una recente intervista ha parlato anche del rapporto artistico e umano che si è instaurato tra i due. Tutto ha inizio con un problema di salute dello zio di Ultimo, Ciro, che prima di una delicata operazione ha fatto visita assieme alla mamma di Ultimo a casa di Renato Zero, in qualità di fan dell’artista.


Il problema di salute

«Mi hanno citofonato, e mi sono finto domestica per non avere fastidi – spiega Zero -. Ma quando ho saputo dell’operazione di Ciro li ho fatti entrare in casa. E non sono più usciti dalla mia vita, Di fronte a queste cose non mi tiro mai indietro. Anzi me le vado a cercare perché l’indifferenza mi infastidisce». Un incontro che è andato oltre la mera ammirazione dei “sorcini” nei confronti di Zero. E che si è trasformato nel tempo in un rapporto sempre più consolidato, anche con Ultimo. E l’artista romano racconta: «Quando era nella fase dei provini, alla ricerca di un produttore discografico, gli ho dato dei consigli. Nelle sue canzoni c’era sostanza. Avevo già prodotto dei giovani, però i risultati non erano mai positivi perché la mia presenza era talmente ingombrante che invece di fargli un regalo gli facevo un torto. L’ho benedetto da lontano, gli ho spedito la mia energia via etere, mi pare che abbia funzionato».


«La periferia è una palestra»

Seppur in tempi diversi, Zero e Ultimo condividono lo stesso punto di partenza: la periferia, la borgata, lontano dalla vita lussuosa e comoda del centro e della convenzioni: «La periferia è una palestra dove ci si fanno i muscoli veri e si rinforza il talento. A questo ragazzino minuto non veniva prestato grande interesse, è una condizione che ho vissuto pure io, amplificata per un milione, perché mi mostravo con tutto il mio corredino di piume e paillettes: per 24 ore al giorno, ero il cenerentolo che doveva subire osservazioni e apprezzamenti».

Gavetta

Un punto di partenza da cui parte la voglia di riscatto, ma senza l’uso di mezzucci: solo gavetta, a cui si aggiunge inevitabilmente un pizzico di fortuna e la voglia di creare una rete di conoscenze che non si fermino all’apparenza. Ripercorrendo gli inizi della sua carriera, Renato Zero racconta: «La mia preoccupazione era di stabilire contatti fondamentali per la mia crescita: la cena con Indro Montanelli a Montecarlo, l’amicizia con Sophia Loren, Armando Trovajoli, Ennio Morricone. Federico Fellini mi fece lavorare in tre film: ero stato graziato dal destino con frequentazioni che non mi sarei mai sognato, figuriamoci se andavo a chiedere altro».

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