Il Qatargate va in fumo: così una società di cannabis ha costretto il giudice Claise a lasciare l’incarico

Il figlio Nicholas è azionista insieme al figlio dell’europarlamentare Arena, mai coinvolta ma spesso citata nell’indagine

Il Qatargate va in fumo. Il giudice Michael Claise, che guidava l’inchiesta belga sulla corruzione al Parlamento Europeo, deve rinunciare all’incarico. Perché uno dei suoi figli ha lavorato per uno degli indagati. A far notare l’incompatibilità al giudice è stata la difesa dell’europarlamentare del Partito Democratico Andrea Cozzolino. Gli avvocati Dezio Ferraro e Federico Conte hanno spiegato che la rinuncia è dovuta a causa di un potenziale conflitto di interessi: il figlio maggiore di Claise, Nicholas, ha co-fondato «in quote paritetiche con altri cinque azionisti la società Brc&Co, specializzata nella vendita di cbd, la cannabis venduta legalmente». Una società della quale i due sono ancora oggi co-azionisti. Tra gli azionisti c’è Ugo Le Maire, figlio dell’europarlamentare Maria Arena. Mai indagata ma finita spesso nell’inchiesta.


L’arresto di Cozzolino

Claise, prima di dichiararsi incompatibile e lasciare l’incarico, ha disposto il fermo per Cozzolino. Sul suo lavoro pesano peraltro mesi di critiche da parte dell’opinione pubblica per le sue maniere forti nel disporre lunghi mesi in carcere per gli indagati. Tra cui l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, trattenuta nella prigione di Haren per oltre quattro mesi lontana dalla figlia di due anni. Secondo Le Soir invece la decisione del giudice è arrivata dopo una lettera dell’avvocato di Marc Tarabella, Maxim Toeller. La rinuncia di Claise è diventata inevitabile quando, alle 16:04 di lunedì, Toeller ha inviato una lettera direttamente al giudice, informandolo della scoperta e chiedendogli di dimettersi, si legge nell’articolo. In caso contrario, il legale avrebbe presentato un secondo ricorso, dopo la richiesta di ricusazione presentata a febbraio ma poi respinta dalla giustizia belga. «Siamo sollevati – spiega l’avvocato -. Ci dispiace che il giudice istruttore non si sia ritirato direttamente dal caso. Possiamo ora sperare che sia fatta un’analisi» oggettiva «delle parole del ‘pentito’ Panzeri, nel rispetto della legge e della giustizia».


L’incompatibilità di Claise

Cozzolino è arrivato ieri a Bruxelles. L’eurodeputato è stato subito portato nei locali della procura federale belga per essere ascoltato dagli inquirenti. Una testimonianza che, dopo un interrogatorio fiume, durato quasi quattro ore, non ha però convinto il magistrato belga. Spingendolo a tenerlo ‘sub iudice’ almeno per una notte. L’11 febbraio scorso Cozzolino era stato posto sotto custodia cautelare a Napoli sotto il peso di tre capi d’accusa per corruzione, riciclaggio e partecipazione a organizzazione criminale. Nelle confessioni rese da Panzeri, tuttavia, non risultano somme di denaro elargite all’eurodeputato italiano. Bensì una sua generica «azione» per orientare le politiche Ue a favore di Doha e Rabat in modo «indiretto». Addebiti che il politico ha sempre respinto, professando la sua innocenza. A decidere la sorte, e la possibile richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli altri sospettati sarà un altro giudice istruttore. A lui il compito di aprire la strada al processo o chiudere il Qatargate.

La denuncia di Kaili

Intanto l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, coinvolta nell’inchiesta belga sul Qatargate, ha fatto causa allo stesso Parlamento «per violazione della sua immunità parlamentare, essendo stata monitorata dai servizi segreti durante il periodo in cui ha partecipato alla commissione Pega, che stava indagando istituzionalmente sull’esistenza di software illegali che monitoravano le attività degli eurodeputati e dei cittadini Ue». Arrestata il 9 dicembre scorso, Kaili è stata rilasciata il 25 maggio con condizioni dopo una detenzione preventiva di oltre cinque mesi.

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