Le plusvalenze “fittizie” e il superteste che ha lavorato in Cig: tutti i guai di Daniela Santanchè per Visibilia e Ki Group

Una perizia dice che i bilanci di Visibilia sono inattendibili. La causa di lavoro a Roma e le scatole cinesi per il controllo dell’azienda

C’è un superteste nella vicenda di Visibilia e della cassa integrazione durante l’era Covid. E potrebbe inguaiare la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Ma anche Ignazio La Russa. Che avrebbe avuto un ruolo (come avvocato). Mentre secondo una perizia della procura di Milano dice che i bilanci delle due società sotto la lente (l’altra è Ki Group) sono inattendibili. L’esponente del governo Meloni intanto dice che è tranquilla: «Mi dispiace solo da mamma che soffre perché mio figlio non può capire». E ancora: «Mio padre era l’ottavo figlio di contadini. Oggi non c’è più mi continua a mancare e mi ha insegnato due cose: se non fai male non avere paura, se non rubi non devi nascondere».


La causa di lavoro

Il Fatto Quotidiano racconta che il superteste ha fatto causa di lavoro a Roma a Visibilia. L’azienda aveva ottenuto la cassa integrazione Covid all’epoca della pandemia. Ma alcuni dipendenti del gruppo, formalmente in “cassa” a zero ore con gli aiuti Inps, continuavano a lavorare a orario pieno. Tutto questo è accaduto almeno sino a novembre 2021. E nonostante il problema fosse noto a Visibilia e Dimitri Kunz, compagno della Santanchè, subentratole ai vertici aziendali a fine 2021. Dopo le varie richieste di chiarimento i manager di Visiblia hanno risposto al lavoratore di stare in silenzio. Questo emerge, secondo il quotidiano, da alcune telefonate che sono ora in mano alla Commissione di controllo sulla Borsa. La Russa e il suo studio legale invece spuntano quando il consiglio di amministrazione dell’azienda si riunisce per discutere le iniziative nei confronti dell’azionista Giuseppe Zeno.


Il ruolo di La Russa

Scrive il quotidiano che dalla relazione di quella riunione si apprende che «viene raggiunto telefonicamente Ignazio La Russa, avvocato penalista che ha esaminato, su richiesta del presidente» Santanchè «il materiale ricevuto da alcuni azionisti e dai loro legali». E qui fu «stabilito, previo confronto con l’avv. Ignazio La Russa, di non intraprendere per il momento alcuna azione legale di natura penale nei confronti di Zeno o altri soggetti scriventi». Delle cosiddette plusvalenze “fittizie” parla invece Repubblica. Il quotidiano spiega che le perizie fanno parte di un procedimento civile aperto dopo le denunce dei piccoli azionisti della Visibilia editore spa (quotata in borsa) che in questi anni si sono visti ridurre il valore delle azioni da 40 a 0,20 euro.

Le perizie e le scatole cinesi

Due perizie parlano di «diverse anomalie» nella galassia composta dalle cinque società costituite come scatole cinesi. Ovvero Visibilia editore holding, Visibilia editore spa, Visibilia srl, Visibilia editrice srl e Visibilia concessionaria. Secondo le due perizie le anomalie iniziano nel 2016 e proseguono fino al 2020. Quindi in periodi nei quali amministratrice era anche Santanchè, rimasta comunque socia di maggioranza in tutte le aziende fino al 2022. La plusvalenza nel mirino risale al 2019, quando Visibilia cede il suo ramo di azienda a una srl creata sul momento, la Visibilia concessionaria. Come cedente si è garantita una plusvalenza di 2,9 milioni di euro. Ma secondo i tecnici della procura i conti non erano in ordine.

Le plusvalenze

E dal 2016 al 2019 non sono state iscritte a bilancio le poste dei crediti corrette del patrimonio. Altrimenti l’azienda avrebbe dovuto registrare otto milioni di euro di perdite. «Visibilia srl ha occultato il deficit patrimoniale già al 31 dicembre 2016 differendo l’eliminazione di gran parte di tali crediti agli esercizi 2019 e 2020», si legge. Intanto, fa sapere La Stampa, i pm hanno acceso un faro anche su Ki Group. I dipendenti raccontano di essere stati mandati a casa senza ricevere i ltfr. Alcuni fornitori dicono di non essere stati pagati. Al crollo dell’azienda, ha ricostruito Report, avrebbe contribuito Negma, un fondo d’investimento con sede a Dubai. E ora gli investigatori vogliono provare a capire è chi ci sia davvero dietro il fondo fondato nel 2013 da Elaf Gasman, attuale presidente del Cda e che nella sua squadra vede anche due italiani. A perderci sono sempre stati i soci di minoranza. Dalle indagini è emerso che 16 aziende italiane sono finite sul lastrico dopo l’arrivo di Negma.

Leggi anche: