Tinto Brass non guarda il porno su Internet: «Lì la donna è un oggetto, non un soggetto»

Il regista racconta la sua vita e parla di sua moglie. Ma anche di un ruolo per Gianni Agnelli in un suo film

Il regista Tinto Brass voleva togliersi la vita nel 2010. Era stato colpito da emorragia cerebrale a Marostica. Era ricoverato all’ospedale di Vicenza. E voleva buttarsi di sotto «dal terzo o quarto piano, avrei preceduto di sette mesi Mario Monicelli». Brass racconta la sua carriera e la sua vita al Corriere della Sera. Precisando che all’epoca vicino a lui Caterina Varzi gli fece ascoltare “Le déserteur” di Boris Vian, scelto come colonna sonora di un film di cui doveva essere protagonista. E lui rinunciò al suicidio. Varzi è diventata la moglie di Tinto Brass nel 2017. «Ma non ho mai consumato il matrimonio», fa sapere lui.


Il suicidio e la moglie

«La conobbi nel 2007. Mi rapì lo sguardo malinconico, sembrava Silvana Mangano. Sono guarito con i suoi spogliarelli alla Kim Basinger, toccavo il suo corpo nudo», racconta il regista a Stefano Lorenzetto. «Non sapevo di aver girato “La chiave”, non riconoscevo Stefania Sandrelli, Serena Grandi, Anna Ammirati e Vanessa Redgrave, così eccitabile che nelle scene di sesso con Franco Nero in La vacanza le si gonfiavano le labbra». Però ricordava lei. «Dipenderà dal fatto che è psicoanalista junghiana, allieva di Aldo Carotenuto, e voleva cercarmi l’anima». Che però lui dice di aver venduto: «Le ho detto subito: cara, scordati di frugare nelle mie ossessioni. Per citare Giuseppe Prezzolini, io sono quel pezzetto di carne che mi pende in mezzo alle gambe, e, se si agita abbastanza, mi dà la più piena espressione di me stesso».


Il Viagra, Gianni Agnelli, i sogni erotici

Oggi ha 90 anni, «ma i sogni erotici non finiscono mai». Mai usato il Viagra, dice. E ancora: «Le erezioni sul set sono una mia invenzione. Voi giornalisti ve la siete bevuta». Conferma, però, di aver offerto una parte in un suo film a Gianni Agnelli: «Sembrava molto dotato, a giudicare dalle foto rubate mentre si tuffava dal suo yacht. L’avrei voluto per L’uomo che guarda , tratto da Alberto Moravia. La segretaria era molto divertita: “L’Avvocato la ringrazia, ma è troppo impegnato”. Cercai di scritturare pure Monica Lewinsky, per difenderla dalle maîtresse à penser che la coprivano d’insulti solo perché avrebbero voluto essere al suo posto nella Sala Orale della Casa Bianca».

Il porno su Internet

Brass fa sapere anche di non guardare il porno su internet: «No, me l’ha mostrato Caterina. Non mi pare una cosa bella da vedere. Manca qualsiasi mediazione estetica». Secondo lui sul web la donna è «un oggetto, anziché un soggetto. Ha perso il mistero. S’è conformata ai modelli pecorecci dei social». Poi ripete il suo sillogismo aristotelico: «Tesi: il culo è lo specchio dell’anima. Antitesi: ognuno ha il culo che si merita. Sintesi: mostrami il culo e ti dirò chi sei». È fissato con i glutei. «Fin da quando ero bambino. Spiai mia madre in camera da letto. Indossava una sottoveste che li lasciava intravedere. Rimasi assai turbato».

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