«Cerchiamo inquilini con un profilo più “normale”», la telefonata dell’agente immobiliare alla coppia gay in cerca di una casa a Milano

Quello che avevano visto nell’annuncio sembrava l’appartamento dei loro sogni. Ma quando finalmente l’agente immobiliare ha risposto, dopo vari tentativi, è arrivata la doccia fredda

Trovare un posto in affitto a Milano è ormai notoriamente un’impresa. Che però sembra farsi ancora più ardua per i membri della comunità Lgbtq+: almeno questo è quello che denunciano Michael Ceglia e William Picciau, 34 e 38 anni, coppia nella vita e nel lavoro. Lo scorso dicembre hanno infatti avviato assieme il salone di bellezza «Shibui Milano». E dopo 4 anni di fidanzamento, nel 2017 si sono uniti civilmente, come ricostruisce Il Giorno. Fortunati nella carriera e in amore, meno nella ricerca di una casa dove stabilirsi: «Al momento abitiamo in un bilocale da 45 metri quadri in zona Bande Nere ma ad ottobre ci scade il nostro 4 + 4. Col proprietario abbiamo un buonissimo rapporto e vorrebbe rinnovare il contratto di affitto ma noi preferiremmo una soluzione più grande», ha spiegato la coppia.


La casa

Due mesi di ricerca tra gli annunci, però, non hanno portato a grandi risultati: strutture in stato pietoso, prezzi insostenibili. Niente di nuovo per chi conosce il mercato immobiliare del capoluogo meneghino. Eppure qualcosa sembrava essersi mosso: «Abbiamo trovato questo bilocale da 75 metri quadri in affitto in uno stabile signorile dietro piazza Po. Venerdì scorso lo abbiamo visionato con l’agente immobiliare, è stato amore a prima vista. Ristrutturato e arredato, quinto piano, ingresso, soggiorno, cucina a vista, camera, bagno, balcone, lavanderia, tutti gli elettrodomestici nuovi. Canone? 1.500 euro incluse le spese condominiali. La proposta ci stava benissimo, abbiamo mandato via email i documenti che attestavano la nostra situazione lavorativa, aggiungendo che avrebbero fatto da garanti anche i nostri genitori. A parole sembrava cosa fatta. Ma l’agente non ha mai risposto alle nostre email».


La motivazione è presto arrivata tramite la madre di Michael, che stava aiutando la coppia nella ricerca. È lei, infatti, che è stata chiamata dall’agente immobiliare. Il quale, «dispiaciutissimo, le aveva riferito che non potevamo essere gli inquilini di quella casa per l’orientamento sessuale: il proprietario cercava un profilo più “normale”. Che significa? Noi siamo persone normalissime, lavoriamo 12 ore al giorno e il sabato sera siamo così stanchi che andiamo a dormire… Allora ho preso io il telefono, ma dall’agenzia immobiliare traspariva solo imbarazzo», prosegue Michael. E ancora: «Quello che ci fa più rabbia è che non possiamo presentare denuncia nei confronti del proprietario e sarà difficile adire le vie legali per la discriminazione subìta, non avendo nulla di scritto in mano». «Abbiamo deciso di esporci – concludono – perché è l’unico modo che abbiamo per riscattarci e sensibilizzare l’opinione pubblica. Con la speranza che casi come il nostro non accadano più».

Foto copertina: Il Giorno

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