Lo scrittore Gianrico Carofiglio: «Io, bullizzato fino ai 14 anni. Poi ho scoperto il karate»

L’ex magistrato racconta la sua gioventù e l’ultimo libro scritto con la figlia Chiara

Lo scrittore Gianrico Carofiglio è stato bullizzato fino ai 14 anni. Poi per fortuna ha scoperto il karate. «Da ragazzino ero sfigato. Timido, fragile, goffo, sono stato bullizzato fino ai quattordici anni», dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera. Ma si è salvato: «Ho cominciato a praticare le arti marziali e il bullismo è cessato, si sono invertiti i ruoli». Nel colloquio con Alessandra Serra racconta che scrive i suoi libri «ovunque. Nei bar, nei treni, negli aerei, per terra in un giardino». E dice che il karate gli serve ancora oggi: «Una volta a Firenze tentarono di rapinare una collega, io facevo ancora il magistrato, i rapinatori erano due». Era «come dentro un film». Ed è finita «bene per la mia collega».


Il mestiere di scrittore

Carofiglio, ex magistrato e parlamentare del Partito Democratico, dice che ha cominciato a scrivere «quando ho percepito la mia città come un possibile scenario per un romanzo. Fino a quel momento a Bari era stato ambientato solo il romanzo Capatosta di Beppe Lopez, ma era tanto diverso da quello che avevo in mente io». Dopo un anno e mezzo, un editore gli ha risposto. Per digli «che avevano ritenuto il romanzo senza prospettive commerciali. Non si erano accorti che era già stato pubblicato da sei mesi. E che aveva già venduto 800 mila copie, anche se questo non potevano saperlo». È stata Elvira Sellerio a chiamarlo per dirgli che voleva pubblicarlo: «Ho avuto un tuffo al cuore. Volevano pubblicare il mio primo libro, non ci credevo». Adesso è arrivato alla 104esima ristampa.


Il titolo

Sellerio è intervenuta anche sul titolo: «Volevo chiamarlo: Quello che il bruco chiama la fine del mondo . Ci avevo messo pure i puntini di sospensione». A lei non piaceva, lui non ha obiettato: «Impossibile con lei. Ci ha pensato un po’ e ha tirato fuori il titolo giusto. È stata sempre lei a volere che il protagonista del libro, l’avvocato Guido Guerrieri, diventasse il protagonista di una serie. Per me “Testimone inconsapevole” sarebbe rimasto un romanzo isolato». Lui si ritiene una persona fortunata. Come nell’orale del concorso in magistratura: «Ho aperto a caso una pagina del libro di testo». E le hanno chiesto proprio l’argomento di quella pagina… «Già. E il professore mi disse che alla domanda di quell’argomento non aveva mai risposto nessuno».

L’ora del caffè

Il suo nuovo libro, L’ora del caffè, lo ha scritto con sua figlia Giorgia. O meglio: «Lo ha scritto quasi tutto Giorgia. Io però sono l’autore dell’ultimo capitolo che è il racconto in forma umoristica su come abbiamo deciso di fare il libro». Con lei si è scontrato «sulla crisi climatica. Ma non direi aspro. Partivamo dalla stessa opinione: è un problema gravissimo che deve essere affrontato con determinazione ai vari livelli della politica». Perché la figlia gli rimprovera «un ottimismo eccessivo nel vedere la soluzione del problema». Eppure lui non smette di sperare: «Nel 1990 Nelson Mandela è uscito dal carcere dove era stato prigioniero per ventisette anni ed è diventato presidente del Sud Africa, dove c’era l’apartheid fino a mezzo minuto prima. Non avremmo mai potuto immaginarlo».

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