Si rinforza l'ipotesi che quella Rai sia stata una mera ripicca contro il conduttore, che ribadisce come trattenere i canali social non ha avuto alcun senso e non ha portato nessun vantaggio a chi se li è tenuti
Interviene direttamente Fabio Fazio nella querelle con la Rai per i canali social ancora contesti di Che tempo che fa. Dopo l’addio del conduttore a viale Mazzini per passare a Discovery, tutti i profili legati al programma che andava in onda su Raitre erano stati trattenuti dalla Rai, che aveva deciso di trasformarli in una sorta di archivio dello show in vista di una chiusura di quei canali. La Rai aveva spiegato in una nota di essere proprietaria di quei profili social e di non avere alcuna intenzione di restituirli. Nei giorni scorsi era emersa un’indiscrezione di TvBlog, secondo cui c’era stata una trattativa tra la Rai e Officina, la società che produce Che tempo che fa. Trattativa però finita senza un accordo, dopo che viale Mazzini avrebbe preteso una cifra lontana rispetto alla controfferta di Officina per sbloccare gli account. Fazio sui suoi social torna a rivendicare quei canali, alimentando l’ipotesi che la mossa della Rai sia stata una mera ripicca dopo il suo addio: «Come avete visto i profili social di Che tempo che fa non sono attivi, anzi sono stati impropriamente oscurati addirittura, siamo in attesa che ci vengano restituiti. Quel che è accaduto non ha alcuna ragione e non dà alcun vantaggio peraltro a chi l’ha fatto. Nel caso non dovessimo rientrarne in possesso, ne apriremo naturalmente dei nuovi e ve ne daremo notizia quanto prima». Nel video Fazio lancia anche una frecciata a viale Mazzini, con cui i rapporti sono evidentemente rimasti gelidi: «Fa piacere che improvvisamente tengano a Che tempo che fa, tardivamente però per certi versi ha un che di positivo».
«Ciascuno faccia il proprio mestiere e cerchi di farlo bene». Sono le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della tradizionale cerimonia del Ventaglio al Quirinale, alla presenza dei giornalisti della stampa parlamentare, a conclusione dell’anno di lavoro prima della pausa estiva. Il Capo dello Stato ha sottolineato come sia necessario che debba essere «garantito il rispetto del ruolo della Magistratura nel giudicare, perché soltanto alla Magistratura questo compito è riservato dalla Costituzione». Di conseguenza, «iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre attività del Parlamento ai giudizi della Magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate». Il riferimento è implicito, ma chiaro, e rimanda alle due commissioni parlamentari d’inchiesta istituite sulla pandemia di Coronavirus e sul caso di Emanuela Orlandi. E il presidente Mattarella ha precisato: «Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della Magistratura. Così come non sono le Camere a poter verificare, valutare, giudicare se norme di legge – che il Parlamento stesso ha approvato – siano o meno conformi a Costituzione, perché questo compito è riservato, dall’art.134, in maniera esclusiva, alla Corte Costituzionale». Il Capo dello Stato ha dunque osservato: «Non può esistere una giustizia costituzionale politica: non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento in conflitto con l’azione della magistratura o usato parallelamente». Ed è proprio alla luce della separazione dei principio fondamentale della separazione dei poteri previsto dalla Costituzione che «i ruoli non vanno confusi anche a tutela dell’ambito in cui si è titolari, nella logica della collaborazione istituzionale. È una doverosa esigenza quella della normale e virtuosa logica della collaborazione istituzionale». E Mattarella ha ribadito: «Più volte è stata ricordata l’esigenza ineludibile che i vari organismi istituzionali rispettino i loro confini. La magistratura deve essere chiamata in piena autonomia e indipendenza secondo le norme di legge, tenendo conto che le leggi le delibera il Parlamento. Allo stesso modo va garantito il ruolo della magistratura nel giudicare».
Il (nuovo) richiamo a «mettersi alla stanga»
«La Costituzione è la guida del nostro agire fissando principi e valori irrinunciabili, diritti inviolabili, virtuose connessioni con l’Ue e la comunità internazionale: la Costituzione è un patrimonio comune che si è arricchito nel tempo grazie a una larga condivisione. È l’architrave dell’ordinamento giuridico che sostiene il nostro modello sociale. – ha proseguito il Capo dello Stato – . E continua a indicare obiettivi e un conseguente programma che trova progressiva attuazione nelle misure che governo e Parlamento assumono nell’interesse generale». Il Capo dello Stato ha nuovamente richiamato tutti gli esponenti delle istituzioni a «mettersi alla stanga», usando ancora una volta la citazione degasperiana, già citata nel corso dell’intervento dello scorso marzo alla Conferenza nazionale delle Camere di commercio, in riferimento al rispetto dei tempi e dei passi necessari per rispettare gli obiettivi e il cronoprogramma del Pnrr: «Ne ho più volte sottolineato la portata decisiva per il nostro futuro. Vorrei oggi porre in evidenza che non si tratta di una questione del Governo, di questo o dei due governi precedenti, ma dell’Italia. Dobbiamo avvertirne tutti il carattere decisivo per l’avvenire dell’Italia e tener conto, pertanto, allo stesso tempo, di non esserne estranei; di esserne, certamente in misure diverse, responsabili; di dover recare apporti costruttivi. Un eventuale insuccesso o un risultato soltanto parziale non sarebbe una sconfitta del Governo ma dell’Italia: così sarebbe visto e interpretato fuori dai nostri confini e così sarebbe nella realtà».
«Sui migranti servono soluzioni condivise»
«L’informazione ci ha consegnato di recente immagini di migranti tragicamente morti nel deserto o in mare. Sono immagini che feriscono le nostre coscienze. Non è pensabile che nell’animo umano ci sia un tale cinismo», ha sottolineato il capo dello Stato. La questione migratoria «è un tema che riguarda tutti i Paesi, non solo l’Italia, è stato importante l’evento promosso dal governo sui flussi migratori e di rilevi l’intento di condividere le riflessioni, affinché la comunità internazionale lo affronti come tema globale, servono soluzioni condivise». E il presidente della Repubblica ha proseguito: «I numeri dell’emigrazione e le percentuali di incremento e decremento non possono rappresentare un paravento, dietro ci sono persone, le vite, speranze, un futuro che sovente viene cancellato. Non si può rimuovere questa realtà ignorandola: si tratta di un fenomeno globale, presente in tutti i continenti, che muove da tante cause e tra queste da quella prodotta da un mondo sempre più interconnesso e ravvicinato tra le sue varie parti, anche tra quelle che prima apparivano assolutamente distanti. Si tratta di un tema che riguarda tutti i Paesi, non soltanto l’Italia».
«Assumere piena consapevolezza che siamo in ritardo sui cambiamenti climatici»
Il Capo dello Stato ha poi toccato anche la questione dei cambiamenti climatici, su cui ha usato parole nette: «Occorre assumere la piena consapevolezza che siamo in ritardo. Di fronte alle drammatiche immagini di quel che è accaduto, al Nord, come al Centro, come nel Meridione, tante discussioni sulla fondatezza dei rischi, sul livello dell’allarme, sul grado di preoccupazione che è giusto avere per la realtà che stiamo sperimentando, appaiono sorprendenti. Bisogna agire, da una parte cercando di incrementare l’impegno a salvaguardia dell’ambiente e per combattere le cause del cambiamento climatico. Sappiamo che sarà un impegno difficile, su scala globale, i cui effetti vedremo nel tempo. Dobbiamo operare per creare strumenti nuovi che consentano di prevenire e attenuare i fenomeni che stiamo vivendo. Serve la solidarietà, che ci tiene insieme, per interventi tempestivi per sostenere i danni subiti e ricostruire». E il Capo dello Stato, dopo aver ricordato l’impegno profuso per far fronte all’emergenza in Emilia-Romagna ha ribadito: «La forza che tiene unite le nostre comunità nei momenti più difficili è anzitutto questa generosa e incondizionata disponibilità a esserci. A fare la propria parte, sentendosi responsabili gli uni degli altri. ‘I care’, come diceva don Milani. Fare la parte propria. Vorrei declinare questo dovere in maniera completa e conseguente; aggiungendo: non pretendere di fare abusivamente la parte di altri. Ciascuno faccia il proprio mestiere – come si dice in linguaggio corrente – e cerchi di farlo bene».
«Il bene dell’informazione è strettamente legato a quello della libertà e della democrazia»
Nel corso del suo intervento il Capo dello Stato ha sottolineato la crucialità del ruolo dell’informazione, sottolineando che «il bene dell’informazione è strettamente legato a quello della libertà, perché la democrazia si nutre della libertà di parola e di espressione, come ricordò Franklin D. Roosevelt nel suo famoso discorso del 1941. Finché l’informazione era veicolata attraverso la carta stampata, fondamentale, per potervi accedere, era l’alfabetizzazione dei cittadini. Con la radio e la tv l’accento si è spostato sulla capacità critica con cui valutare il panorama informativo offerto. E il Capo dello Stato, osservando che «oggi, nell’epoca del web e dei Social, i due aspetti coincidono», e ci si trova dinanzi «a un’abbondanza di mezzi di diffusione – alla quale, per la verità, non corrisponde obbligatoriamente a una pluralità di contenuti –», ha richiamato all’esigenza dell’alfabetizzazione digitale, che si traduce in strumento di «crescita di una capacità critica rispetto all’offerta, per non essere in uno scenario che veda la propaganda sostituirsi ai fatti».
«È compito dei giornalisti essere certificatori della corrispondenza tra i fatti e la loro rappresentazione»
Il presidente della Repubblica ha ribadito che «è compito dei giornalisti essere certificatori di fronte alla pubblica opinione della corrispondenza tra i fatti e la loro rappresentazione, concorrendo così all’esercizio di democrazia costituito dall’informazione», perché «l’autenticità dell’informazione è affidata, dalle leggi, alla professionalità e alla deontologia di ciascun giornalista» e sarebbe dunque «fuorviante – e contraddittorio con le stesse disposizioni costituzionali – immaginare che organismi terzi possano ricevere incarico di certificatori della liceità dei flussi informativi». Il Capo dello Stato ha anche ricordato «il valore del pluralismo delle opinioni, delle differenti sensibilità interpretative. Per fortuna quando si cerca di eliminarle non vengono escluse, ma alimentate».
«I giornalisti sono portatori di fatti, devono essere al riparo da ogni tipo di intimidazione: no a velleitarie iniziative di controllo»
Il Capo dello Stato, ricordando «i numerosi inviati uccisi nella guerra condotta dalla Federazione Russa all’Ucraina», ricordando come abbiano sacrificato la loro vita «per svolgere quel servizio alla conoscenza, che crea consapevolezza rispetto al velo dell’ignoranza dei fatti», ha ricordato che «i giornalisti sono questo: testimoni di verità, spesso a prezzi molto alti». Ovviamente esiste «anche una quotidianità dell’informare che non si nutre solo di comportamenti eroici – ha proseguito -, ma che deve obbedire agli stessi canoni deontologici, perché contribuisce a irrobustisce la nostra cittadinanza democratica. All’informazione libera e indipendente, che ogni giorno, in ogni luogo e in ogni ambito, illumina le zone d’ombra per consentirci la formazione di un’opinione consapevole, le istituzioni devono riconoscimento e tutela massima, perché l’informazione libera e indipendente è l’antidoto alle forme più diverse di disinformazione che in modo massiccio si propalano nei sistemi delle comunicazioni digitali. La funzione deve essere quindi garantita, con rinnovato impegno, nelle nuove architetture tecnologiche che stanno ridisegnando i nostri modelli di convivenza rifuggendo ogni tentazione di subordinarla a velleitarie, se non confuse, iniziative di controllo. E i giornalisti devono essere al riparo da ogni forma di intimidazione».
Foto: Ufficio Stampa Quirinale Video: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev