Il documentario sulla vita e la carriera di Lino Banfi: «Lo voglio intitolare “Lino, la vendetta”»

L’attore farà rivivere i suoi personaggi. Con un pensiero alla moglie di recente scomparsa

Lino Banfi lavora con Mario Sesti a un documentario-film che ripercorrerà la sua carriera e la sua vita. «È meglio farlo adesso che sono ancora vivo. Non sarà un lungometraggio, né un cortometraggio, sarà un largo-metraggio. Voglio far lavorare tutti i personaggi che sono dentro di me: dal Commissario Lo Gatto all’allenatore nel pallone, dal Pasquale Baudaffi del Vieni avanti cretino a Nonno Libero, e tanti altri… li interpreto tutti e li faccio rivivere. E poi, come Zagaria Pasquale, mi arrabbio con tutti loro, dicendo: voi esistete perché esisto io, se non ci fossi stato, sareste tutti morti di fame! E poi viene fuori anche mio padre», dice nell’intervista che rilascia al Corriere della Sera.


La strada della pugliesità

L’attore dice che interpreterà anche il suo genitore: «Lui è scomparso una trentina di anni fa e, nel corso del largo-metraggio, mi comparirà. Gli chiederò: tu che ci fai qui? Mi risponderà: sono qui per parlar bene di te. Mio padre faceva il contadino ma affermava che, se avesse potuto studiare, si sarebbe laureato almeno cinque volte. Mi apparirà con occhiali e pizzetto, un vero intellettuale, comunicandomi che, in questi anni passati altrove, ha preso tre lauree. Sarà un Lino la vendetta a tutto tondo». Nella chiacchierata con Emilia Costantini parla anche della sua carriera. Avara di riconoscimenti: «Qualche premio alla carriera l’ho ricevuto, ma non quelli “colti”: non ho fatto film d’arte, ho creato un genere di comicità che non esisteva, aprendo la strada a tanti altri. Mentre i napoletani e i siciliani sono stati più fortunati, avendo una tradizione teatrale importante, noi pugliesi no: prima di me, in Puglia, nessuno aveva creato una figura comica. Ma ho avuto un riconoscimento da Checco Zalone, mi adora e ha affermato: Lino ha aperto la strada alla “pugliesità”».


Il personaggio più amato

Il personaggio che ha amato di più è Nonno Libero: «Sono orgoglioso di questo ferroviere sanguigno, talmente amato, che la gente per strada mi chiama proprio così. All’estero è considerato un vessillo dell’Italia, come la pasta e il buon vino». Tra i colleghi ricorda in particolare «Edwige Fenech, cara amica e compagna di scena, si faceva continuamente le docce, era pulitissima. E non venivamo nemmeno criticati, i critici ci ignoravano totalmente. Anche se poi, qualcuno di loro mi confessò che, di nascosto, andava a vedere quei film, perché si divertiva da matto». Infine, il ricordo della moglie Lucia, di recente morta: «Chiedo ai lettori del Corriere : aiutatemi a sognarla, sono trascorsi sei mesi dalla sua morte e ancora non ci riesco. Credo però sia molto impegnata a parlar bene di me con la gente giusta, e infatti mi stanno arrivano molte richieste di lavoro… insomma, sta lavorando molto in questo periodo e non ha tempo per venirmi in sogno».

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