Pressioni ospedaliere per non abortire, la testimonianza di Orsi: «Violenza psicologica. Da allora sono diventata una femminista militante»

Luisa Maria Orsi, residente ad Avigliana e madre di tre figli, è una delle tante donne che ieri hanno partecipato al presidio contro la stanza anti-aborto in arrivo all’ospedale Sant’Anna di Torino

«Non è stato un colloquio informativo ma un interrogatorio. L’ho vissuto come una forma di violenza». Luisa Maria Orsi, residente ad Avigliana e madre di tre figli, è una delle tante donne che ieri hanno partecipato al presidio contro la stanza anti-aborto in arrivo all’ospedale Sant’Anna di Torino. Si tratta di una convenzione firmata dalla Città della Salute e dalla Federazione Movimento per la Vita, con l’obiettivo dichiarato di aiutare le donne che «si sentono costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza per mancanza di aiuti». Secondo le forze politiche di centrosinistra si tratta invece di «un affidamento diretto al Movimento per la Vita» e dunque di «una forma di violenza psicologica istituzionalizzata». Ieri la Cgil di Torino ha organizzato il flash mob «Distanza da quella stanza» proprio davanti all’ospedale Sant’Anna. Una manifestazione a cui hanno preso parte circa 150 donne, tutte riunite al grido di «Fuori gli antiabortisti dagli ospedali».


Il racconto

Tra di loro c’è anche Luisa Maria Orsi, che a Repubblica ha raccontato la propria esperienza di quando si è dovuta recare in ospedale per interrompere la gravidanza. «Due ostetriche mi hanno accolto al triage – ricorda la donna -. Quando ho spiegato che volevo interrompere la gravidanza hanno cambiato tono cercando un sistema per convincermi a ripensarci, poi mi hanno fissato un’ecografia. Siccome era molto presto e non si sentiva il cuore, mi proposero di tornare per ascoltarlo, convinte che mi avrebbe fatto capitolare. Fui costretta a puntare i piedi. Mi hanno proposto di sentire il battito anche il giorno del raschiamento, prima di andare sul lettino, l’ho vissuta come una forma di violenza». Orsi racconta poi degli altri tentativi delle ostetriche di provare a farla desistere dalla sua decisione, informandola del rischio «di non avere più figli in futuro» o proponendole di «portare avanti la gravidanza e dare il bambino in affido».


Il presidio

Luisa Maria Orsi però non si è lasciata convincere e ha resistito alle pressioni delle due ostetriche. «Da allora sono diventata una femminista militante – racconta oggi -. Avevo affrontato la mia decisione con serenità. È diventata un pensiero soltanto perché qualcuno ha voluto farmi la morale». Ed è per questo che anche lei ha deciso di prendere parte al presidio contro la stanza anti-aborto dell’ospedale Sant’Anna. Una scelta che fa arrabbiare Orsi «non tanto per il bigottismo strisciante che si nasconde dietro al tentativo di ostacolare la legittima scelta di una donna», quando per «lo spreco di soldi pubblici». La manifestazione di ieri sembra però non aver sortito alcun effetto per il momento, con l’assessore regionale Maurizio Marrone (FdI) che ha confermato la volontà di andare avanti con il progetto.

Credits foto: ANSA/Alessandro Di Marco | Il presidio contro la stanza dell’ascolto organizzato dalla Cgil davanti all’ospedale Sant’Anna di Torino (4 agosto 2023)

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